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La videosorveglianza: un trattamento di dati personali davvero pericoloso?

La videosorveglianza: un trattamento di dati personali davvero pericoloso?

La videosorveglianza, così come si è abituati a intendere la modalità con cui si rilevano immagini e audio nei diversi contesti della vita quotidiana, in luoghi o ambiti privati, pubblici, in attività lavorativa e scolastica, per le più diverse finalità, sta assumendo proporzioni rilevanti, sia sotto il profilo del numero degli impianti installati e sempre più richiesti, sia con riguardo alle tecnologie più evolute utilizzate e tali da rendere “intelligenti” i sistemi di cui si tratta.

È proprio quest’ultimo aspetto che, in linea di principio, potrebbe far ritenere o rendere pericoloso (ovvero,  “rischioso”) un trattamento di dati (immagini e/o audio), ricavati da un sistema di videosorveglianza non conforme alla normativa in materia di tutela della riservatezza dei dati personali, più comunemente conosciuta come Legge sulla Privacy.

Dunque, anche in considerazione del fatto che il nostro ordinamento giuridico, tra qualche giorno, dovrà adattarsi alla normativa europea di cui al Regolamento Comunitario 2016/679, è opportuno richiamare e sensibilizzare tutti gli “attori” coinvolti nella realizzazione, nell’installazione e nell’utilizzo di sistemi di videosorveglianza, ad uno scrupoloso rispetto della disciplina dettata dal citato Regolamento, nonché alle Linee Guida dei Garanti Europei e dei Provvedimenti del Garante Privacy nazionale, tuttora vigenti.

È notorio che le esigenze di tutela dei dati personali trattati con l’ausilio di strumenti e/o apparecchiature elettroniche, a tecnologia avanzata, originano dalla potenziale lesività dei diritti e delle libertà  fondamentali degli individui, oltre che della dignità della persona umana, potendone condizionare l’autodeterminazione, in relazione ai diversi contesti in cui la persona medesima svolge la propria vita di relazione.

Ecco perché, sin dagli albori della prima normativa europea del 1995 (Direttiva CE 95/46) e della normativa nazionale tutt’oggi in vigore (Legge 675/95, confluita poi nel D.Lgs 196/03 – Codice Privacy), applicata basandosi su disciplina di dettaglio emanata negli anni dal Garante per la protezione dei dati personali, si è posta l’attenzione sull’utilizzo e sull’utilizzabilità, rispettivamente dei sistemi di videosorveglianza e dei dati personali da essi raccolti, in particolar modo se associati ad altri dati biometrici.

Purtroppo, un superficiale rispetto delle “regole” in materia di privacy ha generato nel nostro Paese un convincimento e, in moltissimi casi, una serie di contesti conflittuali, sfociati (e in molti casi ancora in corso) in aule di Tribunali civili, penali e/o amministrativi, oltre che in provvedimenti inibitori e sanzionatori dell’Autorità Garante, per violazione della libertà e della dignità degli individui coinvolti in trattamenti illeciti di dati, originati proprio dalla videosorveglianza.

In tale contesto e in un’ottica di armonizzazione delle diverse normative in vigore negli Stati Membri, l’Unione Europea, già due anni or sono, ha approvato ed emanato il Regolamento 679 (meglio conosciuto con l’acronimo GDPR – General Data Protection Regulation), ponendo i titolari e i responsabili dei trattamenti dei dati dei cittadini europei di fronte ad uno dei sommi principi giuridici che, in lingua inglese, va sotto la denominazione di “accountability” (vale a dire: responsabilizzazione, dimostrazione, rendicontazione).

E, dunque, chi realizza, chi installa, chi utilizza sistemi di videosorveglianza dai quali possa derivare un trattamento dei dati personali altamente rischioso per il rispetto delle libertà degli individui e per la dignità della persona umana, dovrà obbligatoriamente porre in essere un processo di valutazione dei rischi e del conseguente impatto derivante da un illecito trattamento.

Tutto ciò detto, significherà che la Pubblica Amministrazione, le Aziende pubbliche e private, gli Studi professionali, le Associazioni, le Fondazioni, ovvero tutti gli ambiti dove l’individuo esplica la propria vita di relazione, dovranno procedere, laddove non ancora adempiuto, all’adeguamento dei processi di lavoro e di gestione, in conformità alle regole europee in materia di privacy.

In che modo sarà possibile giungere in tempi rapidi e in modo efficace a tale ambizioso obiettivo?
Senza ombra di dubbio, attraverso una forte, chiara, corretta e convinta azione di divulgazione propositiva della normativa, prevedendo giornate di informazione e formazione volte a chiarire ed a render semplice l’applicazione della norma, a vantaggio di tutti, partecipando a convegni su temi specifici riguardanti la videosorveglianza (in ambiti privati, nel pubblico, in ambienti di lavoro, per finalità di sicurezza urbana e partecipata), oltre che affidandosi, sin dalla progettazione di sistemi del genere, a consulenti ed installatori qualificati, preparati ed all’altezza dei compiti e del ruolo che lo stesso Regolamento Comunitario affiderà ad essi, con modalità più “chiare” e in virtù di puntuali “responsabilità”, a partire dalla fatidica data del 25 maggio 2018. 

Questo è l’approccio ed il modus operandi che da sempre contraddistinguono S News e che stanno alla base della costituzione di Ass.Pri.Com. (l’Associazione Privacy e Compliance).

di Domenico Vozza, Avvocato Esperto in Privacy e Compliance, Presidente Ass.Pri.Com e Membro del Comitato Scientifico S News.

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