Assiv, prima ancora che il COVID-19 si rivelasse un'emergenza anche nel nostro Paese, era già attiva su tale fronte e, al momento del bisogno, è subito entrata in campo in prima linea.
S News incontra Maria Cristina Urbano, Presidente Assiv.
Presidente Urbano, semplice lungimiranza o ponderata progettualità?
Nessuno avrebbe potuto prevedere una tale emergenza mondiale e nazionale, che ha veramente sconvolto il Sistema Paese, e non mi riferisco solo al tessuto economico e produttivo, di cui adesso non sappiamo calcolare il danno, ma alle modalità stesse di vivere di un’intera popolazione.
Il nostro comparto sta soffrendo come altri, ma per quanto a ranghi ridotti, continuiamo ad assicurare i nostri servizi, che sono essenziali per la sicurezza delle filiere produttive, e per la tutela degli impianti e degli esercizi che sono stati costretti a chiudere.
L’Associazione si è trovata pronta a mettere a disposizione delle aziende, che operano nel settore sicurezza, una serie di servizi di grande qualità ed assoluta attualità, come il Desk COVID-19, o la consulenza in materia assicurativa, perché aveva già intrapreso la progettazione di alcune attività di sicuro interesse per le Aziende Associate. Il piano, ambizioso, è solo rimandato.
L'effetto che si percepisce osservandovi dall'esterno in queste settimane, è che, nonostante le difficoltà contingenti, produciate risultati ancora più di prima, vista la mole di documenti e di azioni che mettete sul campo quotidianamente…
L’urgenza che stiamo vivendo, l’accavallarsi di decreti, provvedimenti, circolari, raccomandazioni, pone dei seri problemi sia di comprensione che di applicazione: è difficile, se non impossibile, per un imprenditore, pure quando dotato di una robusta struttura organizzativa, seguire il rincorrersi delle disposizioni e nello stesso tempo l’andamento dell’azienda. È difficile conciliare la volontà di andare avanti, e quella di tutelare la salute dei lavoratori, assicurare il massimo della qualità di servizio e nel contempo cercare di dare applicazione alle misure varate dal governo, per il supporto alle imprese ed ai lavoratori.
Assiv si è posta al servizio. Cerchiamo di fornire tutte le possibili informazioni di supporto, di rispondere ai quesiti, di essere comunque presenti ai tavoli di concertazione. Importantissimo, è stato, in questi giorni il collegamento stretto con Anie e con Confindustria, che ci ha permesso di conoscere i trends sulle azioni di governo e di avere risposte immediate in termini di interpretazione dei testi.
Quale la risposta dai vostri Associati e quale la vostra visione?
Mai come in questo momento gli Associati interloquiscono con l’Associazione. È un lavoro molto faticoso, che costringe a vivere nella contingenza: non c’è il tempo materiale per meditare sulla situazione, che invece andrà analizzata e metabolizzata, quando ne usciremo. L’errore più grande che potremmo fare, sarebbe quello di buttarci alle spalle questo periodo. Purtroppo o per fortuna, credo non sarà possibile farlo.
Le conseguenze di questo lockdown, peraltro necessario, saranno profonde e durature.
Si sta parlando molto della sanità privata chiamata in campo per l'emergenza; e per la vigilanza privata, quale ruolo, quale identità?
Il ruolo della vigilanza lo vediamo ogni giorno. Proprio in questo momento di emergenza balza agli occhi quanto l’apporto dei nostri operatori sia fondamentale, perché ciò che deve funzionare funzioni.
Possiamo essere orgogliosi di come gli operatori della sicurezza, e parlo anche dei disarmati, lavorino con senso di responsabilità verso le proprie aziende e verso la collettività. È triste constatare che il riconoscimento da parte del decisore non arrivi.
Quale lezione si deve imparare da questa esperienza, che ha dimostrato di avere infiniti spazi di miglioramento, per poter almeno provare a pianificare un'ottimizzazione del processo?
Dovremo fare una riflessione profonda e non partigiana sulle modalità con cui è stata gestita questa emergenza. È ormai chiaro che il Paese, il Governo, i Ministeri, le Regioni, l’apparto amministrativo e anche gli organismi tecnici, si sono trovati impreparati e spesso sono andati in ordine sparso.
In Italia, a seguito delle calamità naturali che negli anni hanno fatto centinaia di migliaia di vittime, abbiamo costituito un modello operativo, quello della Protezione Civile, considerato un’eccellenza, anche se negli ultimi anni, per vicende politiche e giudiziarie, è andato appannandosi.
Penso che dovrebbe essere sviluppato un modello simile per le emergenze sanitarie: chiare linee di comando, cabine di regia permanenti fra i vari organi statali e regionali, comitati scientifici organizzati non secondo scelte politiche, ma su solide competenze specifiche, e poi scelte coraggiose per il sostegno alla struttura economica e produttiva del Paese.
Oggi il nostro mondo è caratterizzato dalla globalizzazione dei processi e dalla estrema mobilità delle persone, e non credo che si possa tornare indietro su questo, a meno di accettare livelli di qualità di vita completamente diversi, da quelli a cui siamo abituati. Se fra il 1918 ed il 1920 l’Influenza Spagnola ci mise due anni a fare, si calcola, fra i 50 e i 100 milioni di vittime su di una popolazione mondiale stimata di 2 miliardi, oggi, il virus Covid-19 si è diffuso in tre mesi. Le conoscenze scientifiche però non sono quelle del 1918, e l’umanità dispone di tecnologie utilissime al contenimento: si pensi al modello coreano.
Tutti elementi che andranno considerati per il post emergenza.
Ci sarà molto da lavorare!
a cura di Monica Bertolo