Ben-Essere al lavoro: c’è spazio per l’intuizione?
Non si parla molto (purtroppo) all’interno degli ambienti aziendali di intuizione. Nei contesti scientifici inizia a farsi strada qualche riflessione su questo tema. In alcune correnti filosofiche e psicologiche del passato è stata oggetto di riflessione, anche se l’argomento appare alquanto sfuggente e poco sistematizzabile o spiegabile (per esempio, non è così chiaro come avvenga l’intuizione e come insegnare alle persone ad avere intuizioni).
Nelle aziende è molto più facile sentire nominare la creatività, attraverso corsi su come stimolare il pensiero creativo. In realtà la creatività va a braccetto con l’intuizione, potremmo definirla come il vestito esterno dell’intuizione, quello che appare più facile da vedere, costruire e maneggiare. Ma questo vestito da dove arriva? I creativi probabilmente risponderebbero subito, dicendo che deriva da una visione. Effettivamente le intuizioni sono visioni, per la maggior parte sotto forma di immagini. I grandi geni, come Leonardo Da Vinci, Albert Einstein, Nikola Tesla, così come i grandi imprenditori, hanno reso concrete delle intuizioni che avevano proprio sotto forma di immagine (si parla di “immaginazione creativa”).
La stessa origine del termine intuizione (in-tueri) mette in luce questo aspetto immaginativo, perché significa vedere internamente, guardare dentro. E ciò accade in un attimo, non c’è bisogno di un ragionamento lento e analitico, non c’è bisogno di avere delle prove certe – come fa invece la nostra intelligenza razionale. Il pensiero razionale che abbiamo coltivato fin dalla nascita e che è l’emblema della società attuale è una funzione molto importante della psiche, accanto all’intuizione. Non si tratta di favorire uno a scapito dell’altra, al contrario di favorire l’utilizzo di entrambe le funzioni, che sono interdipendenti tra loro: razionalità e intuizione. Siamo in una società che vorrebbe avere il controllo su tutto e l’intuizione, ancora un po’ misteriosa, non consente di avere quel controllo che fa sentire sicuri (anche se questa sicurezza è un’illusione). Tuttavia entrare in contatto con le capacità intuitive della mente potrebbe aumentare il senso di sicurezza, anche se viene raggiunto in un altro modo: non attraverso ragionamenti, il soppesare scrupolosamente i pro e i contro, il cercare prove a favore delle proprie decisioni. L’intuizione è rapida, immediata e butta lo sguardo oltre, oltre al presente, oltre ai dati attuali (che in futuro saranno diversi, perché la realtà è in continuo mutamento), oltre al senso comune.
L’intuizione ha una funzione conoscitiva specifica, riconosciuta in passato da Oriente e Occidente e non conduce a una conoscenza irrazionale, perché comunque non è contraria alla ragione, piuttosto è trans-razionale.
Quando si ha un’intuizione cogliamo subito qualcosa nel suo insieme, abbiamo una visione globale, i passaggi più fini li svilupperà la razionalità e la logica, ma l’idea generale è disponibile e spesso accompagnata anche da un senso di certezza, come a dire “è questa la strada da seguire”.
Caratteristica specifica dell’intuizione è la sua direzione verso il futuro, verso il divenire. Significa vedere il possibile. E di questo possibile se ne coglie l’essenza. Nella complessità dei problemi attuali, recuperare l’intuizione per attraversare crisi e ristrutturazioni (lavorative, di pensiero, organizzative…) è fondamentale. È come una barca che traghetta nei flutti, a volte burrascosi, della quotidianità, avendo ben chiaro dove approdare.
Da dove vengano le intuizioni non si sa, o meglio a seconda degli studiosi si dice che provengano dall’inconscio, dall’inconscio superiore, dall’esterno del nostro conscio individuale e così via. Sarà uno degli aspetti da studiare (sia attraverso la razionalità, con i mezzi che le neuroscienze e le tecnologie ci offrono, come l’Intelligenza Artificiale; sia attraverso proprio l’intuizione).
Come sviluppare intuizioni è strettamente correlato anche a cogliere da dove vengano, tuttavia le esperienze pratiche hanno portato a formulare ipotesi di lavoro concreto per aprirsi a esse. In primis, metterei il lavoro sulle emozioni (sempre poco considerate quando si parla di pensiero, ma in realtà strettamente interrelate a ogni forma di pensiero razionale e intuitivo): la possibilità di lasciare che le intuizioni arrivino passa attraverso uno stato di serenità, di non paura, di fiducia. Quindi il lavoro su di sé è fondamentale.
Le intuizioni richiedono un contatto con se stessi che avviene se c’è tranquillità, se non si vive nella frenesia, se si ha il tempo di sostare. Quante aziende permettono questo?
Altro fattore fondamentale, che richiede un pensiero razionale, è la capacità di porsi le giuste domande. Le intuizioni arrivano in risposta a domande ben poste.
Sembra che ci siano stati di coscienza che favoriscano le intuizioni, come quelli che si hanno durante gli stati meditativi (che, guarda caso, sono momenti di tranquillità e contatto profondo con se stessi). Se volete, potete iniziare a sfruttare gli stati ipnagogici e ipnopompici (due termini che indicano quei momenti in cui si passa dalla veglia al sonno e viceversa, in pratica quando si è semi-addormentati) e porvi la giusta domanda la sera al momento dell’addormentamento e recuperare l’intuizione della risposta quando vi state risvegliando (a occhi ancora chiusi, prima di iniziare una nuova giornata).
Infine, altro fatto attualmente poco considerato ma dal mio punto di vista essenziale per l’emergere delle intuizioni, è la possibilità di attuare un confronto aperto in gruppo. Le intuizioni efficaci non sono un fatto individuale (anche se poi è una persona che le sa portare avanti con più forza), ma si sviluppano più facilmente con un minimo di tre persone, ovviamente in un clima di serenità, curiosità reciproca, non giudizio e libertà intellettiva ed emotiva.
Giulia Cavalli, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista,
curatrice della rubrica Ben-Essere al lavoro,
è parte del Comitato Scientifico di S News.