Ben-Essere al lavoro. I miei talenti: chi sono io?
Ben-Essere al lavoro, la Rubrica di S News a cura di Giulia Cavalli, presenta l’approfondimento “I miei talenti: chi sono io? ” che pone al centro il concetto della Conoscenza di sé e, come sempre, propone validi consigli.
Buona lettura!
I MIEI TALENTI: CHI SONO IO?
Nel lavoro così come nelle relazioni quotidiane è importante, per star bene e riuscire efficacemente, capire se la strada che si sta percorrendo e il modo in cui lo si sta facendo ci corrisponde, oppure se sia necessario modificare qualcosa per ottenere i risultati che ci si è prefissati e godere della pienezza della vita.
Alla base di tutto questo, prima ancora di cercare ricette miracolose dei “guru”, c’è la conoscenza di chi si è, per esempio di quali talenti e competenze si hanno a disposizione e quali aspetti possiamo approfondire o migliorare. La conoscenza di sé è un’attenzione speciale che dobbiamo quotidianamente a noi stessi, un ascolto profondo che ci toglie dall’automatismo della re-azioni e ci pone nel dominio dell’azione, consentendoci anche di porre attenzione e ascolto agli altri.
Conoscersi significa coltivare curiosità verso ciò che accade nella propria mente, nel proprio cuore e nel proprio corpo, senza giudicare, ma osservando. Un punto di osservazione da cui partire, molto utile in ambito lavorativo, può essere quello di cogliere quali talenti oggi sentiamo di avere.
Cerchiamo di capire innanzitutto cosa siano i “talenti”. Nell’antica Grecia il talento era un’unità di peso e nel suo significato originario rimanda all’inclinazione della bilancia: quale inclinazione, attitudine naturale o acquisita possiedo?
Ciascuno di noi ha caratteristiche personali specifiche che si esprimono nel modo di pensare, di sentire, di comunicare e comportarsi. Questi sono i talenti. E non ha senso chiedersi se un talento sia innato o acquisito, perché in ogni momento ciò che noi geneticamente siamo interagisce con ciò che ci circonda, generando opportunità e vincoli. Posso avere un’inclinazione naturale per le relazioni, ma se svolgo un lavoro in cui non incontro nessuno, difficilmente questa caratteristica potrà essere sentita come un talento e sviluppata profondamente. Allo stesso modo posso cogliere inizialmente di avere poca attitudine nel gestire gli aspetti amministrativi del mio lavoro, ma con le giuste esperienze informative, gli incontri e l’impegno, potrebbe emergere un talento e una passione. Come a dire: se non ho una piscina in cui buttarmi, non saprò mai se so stare a galla e magari se sono anche un campione di tuffi!
Possiamo, quindi, a ragione dire che il talento non è solo qualcosa di interno alla persona, ma riguarda la persona nel contesto e, di conseguenza, anche il contesto stesso. Un luogo di lavoro o una famiglia possono essere luoghi di talento o, al contrario, di chiusura e non possibilità di sperimentarsi e sentirsi incoraggiati, nonostante gli inevitabili errori.
I talenti possono riguardare aree specifiche e tecniche (musica, arte, calcolo…), ma ve ne sono anche di trasversali a tutti gli ambiti e riguardano i processi mentali e di comportamento attraverso cui agiamo e ci relazioniamo. Sono le cosiddette “soft skills”, come la flessibilità, l’autonomia, la capacità di pianificare, la precisione, la capacità di apprendere, la capacità di comunicare, di risolvere problemi imprevisti, di collaborare, di essere intraprendenti e così via. E ognuno di noi ha una varietà di inclinazioni diverse, che nel loro insieme possono dar luogo a nuovi talenti. Per esempio, c’è chi è più concreto e chi più astratto, chi è più preciso e analitico e chi più sintetico e dallo sguardo ampio, chi più creativo e chi più pianificatore, chi più ascoltatore e chi più comunicatore.
Prova ora a pensare ai comportamenti che hai adottato nell’ultimo mese e individua, tra queste sei affermazioni, le due che ti rappresentano meglio e quella che invece senti che vorresti migliorare:
1. So creare elenchi di cose da fare e verificare che le cose procedano come da programma.
2. So essere molto pratico e concreto.
3. So supportare gli altri nelle loro decisioni o difficoltà.
4. So coinvolgere gli altri con facilità.
5. So pianificare bene le attività, valutando attentamente i pro e i contro.
6. So pensare “fuori dal coro”, uscire fuori dagli schemi.
Ciascuna di queste affermazioni riguarda un talento che pensi di avere: la prima frase è riferita alla capacità di essere preciso, la seconda di essere concreto, la terza riguarda l’essere dei buoni ascoltatori, la quarta è riferita all’essere comunicatori, la quinta esprime la capacità di pianificare e l’ultima di essere creativi.
Questo è solo un esempio (tratto da “Brain Test. Talenti e stili comportamentali”, che ho ideato insieme alla collega Laura Pirotta, attraverso cui è possibile identificare quali talenti crediamo di avere, quali agiamo nei comportamenti e quali potenzialità ancora inespresse possiamo coltivare, per poter avviare dei piani di sviluppo personali e professionali) di come sia possibile sostenere la consapevolezza di sé, ascoltandosi e interrogandosi.
E dopo la presa di consapevolezza… non rimane che impegnarsi con perseveranza per dar luce ai nostri talenti.
di Giulia Cavalli, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista
e Comitato Scientifico S News