Ben-Essere al lavoro: Quanto sono resiliente?
Ben-Essere al lavoro, la Rubrica di S News a cura di Giulia Cavalli, approfondisce nell’articolo che segue il tema della Resilienza. La psicologa, per conoscere maggiormente il proprio stile di Resilienza, propone anche un breve questionario.
Ecco quindi l’analisi ed i consigli dell’esperta.
Buona lettura!
QUANTO SONO RESILIENTE?
Immagina che sia successo qualcosa di difficile e grave al lavoro, qualcosa che non ci aspettavamo e che ci sembra di non poter affrontare efficacemente (può essere un impianto che si rompe, una discussione violenta, la malattia di qualche collaboratore, l’aver perso soldi e tempo ecc.). Ci sentiamo spiazzati, come se un terremoto avesse scosso le fondamenta della nostra casa. Forse, nei casi più estremi, sentiamo anche che la nostra “casa” è crollata e ci ritroviamo senza più punti di riferimento, senza vie di uscita e, peggio ancora, senza energia per affrontare tutto questo. E ora cosa facciamo?
Credo che situazioni di piccola o grande intensità di questo tipo abbiano toccato tutti noi e chi sta vicino a noi. Qualcuno ne sarà uscito rafforzato e qualcun altro avrà gettato la spugna, sentendosi schiacciato dagli eventi. Qualcuno avrà reagito immediatamente, rimboccandosi le maniche e chiedendo aiuto, e qualcun altro ci avrà messo tempo prima di risollevarsi, sentendosi triste o arrabbiato per molto tempo. Qualcuno avrà aspettato l’aiuto dagli altri, qualcun altro avrà sentito come fondamentale il potercela fare da solo, senza chiedere sostegno a nessuno.
Perché ciascuno di noi reagisce in maniera diversa di fronte alle avversità?
Ci sono davvero molti fattori in gioco, dal tipo di evento che dobbiamo affrontare (magari certe difficoltà le prendiamo positivamente come sfide per migliorarci, mentre altri tipi di situazione ci stendono a terra come un pugile che non riesce a rialzarsi nemmeno dopo la fine dell’incontro), al tipo di approccio personale alla vita, all’autostima e all’autodeterminazione, al contesto che abbiamo intorno.
In gergo psicologico si usa un termine, ormai diffuso anche a livello comune, per indicare la capacità di riorganizzare la propria vita di fronte alle difficoltà: resilienza.
Le persone resilienti riescono a cogliere le opportunità che le circostanze – seppur difficili – offrono, senza per questo alienare la propria identità; sanno “auto-ripararsi” dopo un danno; riescono ad affrontare le perturbazioni e possono anche riuscire a far proprie le parole di Thomas Mann: “le avversità possono essere delle formidabili occasioni”.
Nell’immaginare la situazione lavorativa difficile che ho proposto all’inizio dell’articolo e il modo in cui poterla affrontare, ciascuno avrà attivato il proprio schema abituale utilizzato per affrontare i disagi. Gli studiosi dicono che già a 3 mesi di vita (piccolissimi!) ciascuno di noi ha un suo peculiare modo di affrontare questi stress: c’è chi piange subito, chi si lascia andare (nei piccoli per esempio si osserva la perdita di tono posturale), chi si attiva per richiamare l’attenzione dell’adulto e così via. Poi crescendo impariamo altre modalità per essere resilienti. Questo per dire che la resilienza, intesa come capacità multidimensionale che coinvolge la possibilità di far ricorso a risorse personali e/o del contesto in cui viviamo, è insita nella natura umana. E che non esiste un unico modo per essere resilienti: a volte è bene reagire subito senza farsi travolgere dalle emozioni, altre volte è utile sostare nelle emozioni spiacevoli della situazione, a volte è efficace chiedere aiuto agli altri e a volte è meglio il detto “chi fa da sé, fa per tre”.
La flessibilità anche nel proprio modo di essere resilienti può essere una chiave vincente per affrontare le difficoltà, piuttosto che utilizzare sempre la stessa modalità in ogni occasione.
Per conoscere maggiormente il proprio stile di resilienza e conoscere quali diverse opportunità abbiamo per affrontare le situazioni, vi propongo questo breve questionario.
Ora somma tutti i punteggi: più è alto il valore (sopra i 35) più la persona è resiliente. Ancora più interessante però è vedere quali sono le dimensioni della resilienza che ci caratterizzano:
â–ª le affermazioni 1 e 6 si riferiscono alla competenza sociale, cioè alla capacità di stare insieme agli altri;
â–ª le affermazioni 2 e 7 riguardano la “forza personale”, con riferimento alla percezione che si ha di sé;
â–ª le affermazioni 3 e 8 riguardano la “forza personale”, con riferimento alla capacità di pianificare il futuro;
â–ª le affermazioni 4 e 9 riguardano il “supporto esterno”, con riferimento alla coesione del gruppo sociale (in questo caso il gruppo di lavoro);
â–ª le affermazioni 5 e 10 riguardano il “supporto esterno”, con riferimento alle risorse sociali presenti (famigliari, amici…).
Le competenze sociali, la percezione di se stessi, la visione del futuro, il rapporto che si ha con il gruppo di lavoro e con chi vive accanto a noi sono alcuni degli aspetti fondamentali della resilienza. Le dimensioni in cui si hanno punteggi inferiori sono quelle su cui può essere utile soffermarsi e approfondire, per potersi rafforzare ed essere capaci di affrontare le difficoltà, quando le incontreremo.
E non solo la resilienza aiuta noi stessi nel far fronte positivamente agli eventi stressanti, ma aiuta anche gli altri, perché quando siamo resilienti non solo sentiamo che “possiamo farcela”, ma trasmettiamo automaticamente resilienza anche a chi è intorno a noi.
di Giulia Cavalli, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista