Ben-Essere al lavoro: quelle strane emozioni…
Ben-Essere al lavoro, la rubrica di S News curata da Giulia Cavalli, Psicologa psicoterapeuta, psicoanalista e parte del Comitato Scientifico di S News, presenta un approfondimento su un bellissimo e coinvolgente tema: le emozioni. Come sottolinea l’esperta, le emozioni hanno un ruolo fondamentale nel ragionare e decidere, e sempre più si scopre l’importanza dell’intelligenza emotiva e della competenza emotiva.
Buona lettura!
la Redazione
QUELLE STRANE EMOZIONI…
Prendere decisioni, interagire con gli altri, vendere/comprare, creare progetti e così via sono tutte azioni che risultano efficaci solo se abbiamo anche una competenza emotiva. Le ricerche su persone che avevano subito lesioni alle parti del cervello deputate alla comprensione emotiva, ma che avevano mantenuto intatta l’intelligenza logica e le conoscenze, hanno evidenziato come l’assenza di riconoscimento delle emozioni fosse connessa all’incapacità di prendere decisioni, ragionare efficacemente sul da farsi e interagire bene con gli altri. Questi pazienti avevano così prestazioni lavorative inadeguate, realizzavano cattivi affari pur consapevoli dei rischi che stavano correndo e perdevano soldi. Appare chiaro il ruolo fondamentale delle emozioni nel ragionare e decidere.
Nell’ambito del lavoro si sono diffusi gli studi sulla cosiddetta “intelligenza emotiva” (di cui il principale esponente e divulgatore è Daniel Goleman), che mostrano come la conoscenza delle emozioni sia un fattore fondamentale per il successo lavorativo, tanto quanto l’intelligenza classicamente intesa. In particolare, la ricerca psicologica e neuroscientifica ci sta mostrando quanto sia importante poter riconoscere le emozioni che si provano e riuscire a dar loro un nome.
Non è una cosa semplice, neanche per un adulto attento alla propria vita emotiva. Tutti probabilmente conoscono le emozioni più note, come paura, rabbia, gioia, sorpresa, disgusto, tristezza (definite emozioni primarie) e come imbarazzo, senso di colpa, vergogna, orgoglio (definite emozioni secondarie). Ma ci sono infinite sfumature emotive e centinaia di parole che descrivono le emozioni. Più parole conosciamo per esprimere le emozioni, più possiamo esserne consapevoli in noi stessi e riconoscerle negli altri. E di questo ne beneficerà anche il contesto lavorativo!
Ogni cultura ha le sue parole per esprimere le emozioni, in alcune culture troviamo addirittura parole che non sono traducibili in italiano e che definiscono alcune emozioni che proviamo anche noi, ma che nel nostro contesto non hanno trovato definizione in un’unica parola. Ecco alcune di queste parole straniere che probabilmente non conoscete, ma che danno voce a quell’arcobaleno emotivo – di cui spesso neanche ci accorgiamo – che caratterizza le giornate lavorative.
“In a Huff”(inglese): montare in collera, sentirsi travolti da una ventata di irritazione per un’offesa che si sente di aver ricevuto, un misto di rabbia e orgoglio.
“Ijirashii” (giapponese): restare colpiti nel vedere una persona che, pur partendo in svantaggio, riesce a superare un ostacolo o a portare a termine un’impresa; si prova orgoglio per l’altra persona.
“Iktsuarpok” (inuit): senso di attesa, per esempio quando aspettiamo una persona, una telefonata, un messaggino o una mail (per esempio, ricarichiamo la pagina per vedere se è arrivata) oppure un commento a un nostro post sui socials.
“Kaukokaipuu” (finlandese): desiderio di essere in un qualsiasi altro posto, tranne che nel posto in cui siamo.
“Malu” (indonesiano): sensazione che si prova quando ci troviamo di fronte a qualcuno che stimiamo molto o quando ci troviamo in un gruppo dove gli altri hanno uno status superiore al nostro e ci sentiamo impacciati, inferiori.
“Ringxiey”(americano): letteralmente “ansia da squillo”, un’ansia leggera ma sempre presente che ci fa pensare di aver sentito lo squillo o la vibrazione del nostro cellulare, anche se così non è.
“Technostress” (inglese): rabbia, a volte molto intensa, verso computer, cellulari, tecnologie in generale, quando non rispondono ai nostri comandi e anziché semplificarci la vita, come ci aspetteremmo, ci ostacolano.
“Torschlusspanik” (tedesco): letteralmente “panico del portone che si sta chiudendo”, agitazione che ci prende quando sentiamo che manca il tempo per terminare un lavoro e la scadenza per la consegna di un progetto è vicina.
Per i curiosi delle emozioni consiglio il libro di Tiffany Watt Smith “Atlante delle emozioni umane” (ed. UTET), che contiene la spiegazione di ben 156 emozioni.
a cura di Giulia Cavalli