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Digital transformation, digital enablement, ICT convergence per l’enterprise security di oggi e di domani

Digital transformation

Esisteva un tempo un mondo caratterizzato da minacce ben classificabili, procedure reattive consolidate e modelli operativi noti – e di contro, esisteva una corrispondente realtà di soluzioni chiaramente identificabili, ben rodate nella loro periodica e ciclica staticità. Una realtà in cui gli scenari ipotizzabili, per l’impostazione di una strategia aziendale di corporate security, si muovevano necessariamente all’interno di un contesto delineato dai prodotti presenti sul mercato in quel momento. La flessibilità possibile consisteva per lo più nell’adattare i requisiti effettivamente esprimibili e, come conseguenza inevitabile, anche i propri processi aziendali a quanto le specifiche soluzioni di riferimento selezionate potevano offrire.

Da questo necessariamente discendeva poi l’ulteriore e personale flessibilità di cui ognuno, dal decision maker all’operativo, dovevano  prima o poi arrivare a dotarsi, per corrispondere ad una unica curva di apprendimento prevedibile. Questo all’interno di rigidi paradigmi di usability e di interfaccia utente, spesso apparentemente scolpiti su modelli derivati più da specifiche imposte da parte dell’hardware sottostante, che da metafore d’uso mutuate dall’effettiva vita reale. In un simile contesto, la necessità di implementare workflows direttamente riconducibili ai desiderata degli organismi di governance aziendale, si scontrava spesso con vincoli tali da arrivare ad assumere talvolta il carattere di una vera e propria sfida.

Oggi questo mondo è fortunatamente scomparso. Il progressivo, forse sinusoidale nell’andamento ma ormai ineluttabile nel percorso, processo di convergenza di metodi e modelli per la sicurezza fisica e logica è solo la punta di un iceberg. I suoi, neanche troppo sommersi, nove ulteriori decimi di massa e volume si nascondono in dinamiche oramai già ben consolidate altrove. Soprattutto quando l’altrove a cui ci si riferisce è il mondo dell’ICT post-digital transformation, della consumerizzazione della soluzione percepita e dell’innovazione nella user experience.

L’ubiquo utilizzo di termini come LSIM o PSIM (Logical oppure Physical Security Information Management, rispettivamente) certamente sottintende scenari di epocale passaggio verso esigenze e proposizione di soluzioni maggiormente integrate di identity management ed identity assurance, ma evidenzia soprattutto un nuovo stato di necessità, discendente in modo diretto da un oramai definito processo di digital enablement, che si rispecchia nella natura di un unico DNA possibile per gli addetti ai lavori: la visione di una propria proposizione di valore nell’essere, prima di tutto ed ora più che mai (o provare forse a diventare, nel caso di altri) una software company; nel senso più totale, moderno e trasversale del termine.

Da una parte, assicurare di poter venire incontro a requisiti del cliente giustificatamente espressi in misura indipendente da prodotti singolarmente identificati ed identificabili, presuppone prima di tutto possedere una robusta attitudine, come nel nostro caso, all’affrontare con naturalezza temi di ingegnerizzazione, ma principalmente relativi allo sviluppo, continuamente sfidanti, sfruttando doti di flessibilità certamente ben diverse, e necessarie a poter porre i propri interlocutori nella condizione di generare futuro valore aziendale. Un valore, innanzi tutto, che sia correttamente e positivamente percepito nelle loro organizzazioni di appartenenza anche rispetto ai nuovi paradigmi di valutazione dei servizi che erogheranno attraverso le soluzioni per loro implementate.

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Dall’altra, anche in assenza di sempre più pervasivi scenari di tipo BYOD (Bring Your Own Device), nuove generazioni di soggetti – sia interni che esterni all’azienda, ma comunque parte attiva nel ciclo di vita di una piattaforma integrata di servizio – impongono da più parti nuove sensibilità di approccio e nuovi parametri di utilizzo richiesti. Questo aspetto, derivante anche da dinamiche culturali di natura prevalentemente generazionale, deve poter trovare un adeguato livello di attenzione, soprattutto per quanto riguarda metafore e casi d’uso relativi alle user interfaces.

Promuovere e supportare la convergenza di security operations ed infrastrutture di facility con modelli e strumenti di derivazione ICT, non può limitarsi alla semplice riproposizione di tecnologie mutuate e più o meno d’avanguardia, e deve sicuramente fondarsi su architetture a più livelli di astrazione del software rispetto all’hardware, per una opportuna salvaguardia degli investimenti dei clienti. Deve innanzi tutto trovare forza propulsiva nel competente, consapevole e sistematico utilizzo di metodologie di analisi dei requisiti, modellizzazione dei processi, gestione del ciclo di sviluppo del software, che siano in grado di perfettamente coniugare la potenza di un framework scalabile e di una piattaforma di integrazione aperta, con nuove forme di flessibilità di approccio e di utilizzo imposte dalla raggiunta affermazione di tutti questi trends.

Per poter interpretare sempre meglio il suo ruolo di digital enabler all’interno di tali scenari, Digitronica non si sta limitando al solo progressivo ampliamento del proprio perimetro funzionale di riferimento, concretizzato anche attraverso una proposta innovativa per la protezione degli assets e la gestione geografica degli eventi. Ha ritenuto ancora più essenziale perseguire la visione di modelli organizzativi interni che supportassero adeguatamente nel tempo un percorso di ripensamento, riscrittura e nuova proposizione del proprio framework e dei moduli fondanti della propria platform.

Tutto ciò, per garantire di essere in grado di offrire ed implementare soluzioni che siano non solo personalizzate, rispetto a processi di gestione e protezione delle identità aziendali già in essere, ma che siano anche altrettanto all’altezza delle aspettative, quando si tratta di sostenere un’interlocuzione, e soprattutto una user experience, di new generation, attraverso paradigmi desiderati e metafore padroneggiate da nuove tipologie di utenza.

di Matteo Stefani, Business Development Manager, Digitronica

 

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