Digitalizzazione e Sicurezza dei Musei: quali insegnamenti dai presunti furti al British Museum?
La storia che sto per raccontare ha dell’incredibile. Siamo al British Museum di Londra, uno dei musei archeologici più importanti al mondo, che custodisce circa otto milioni di reperti provenienti dalla storia delle antiche civiltà sumere, babilonesi, egizie, greche e che, insieme, testimoniano lo sviluppo della cultura dell’umanità, dalle origini alla nostra contemporaneità. Qualche esempio? La Stele di Rosetta rinvenuta nel 1799 a Rashid che ci ha permesso di decifrare l’antica lingua egizia; gli splendidi scacchi in avorio di tricheco e ossa di balena del 1150-1200 d.C. rinvenuti nell’isola di Lewis nel XIX secolo; e due imponenti tori alati che facevano da guardia all’entrata della città del re assiro Sargon.
Il British Museum nasce nel 1753 dalla raccolta, composta da più di 71.000 oggetti tra volumi naturalistici, monete e libri del collezionista Sir Hans Sloane che, alla sua morte, fu acquisita dallo Stato britannico e offerta alla fruizione del pubblico a partire dal 15 gennaio 1759. Nel tempo il Museo ha progressivamente accresciuto gli ambienti espositivi e la propria collezione, grazie a nuove acquisizioni derivanti, soprattutto, dagli scavi perpetuati nel XIX secolo nei Paesi colonizzati dal Regno Unito.
Il British Museum è oltremodo conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, perché conserva ed espone le decorazioni di V secolo a. C. (sculture, metope e fregi) che ornavano il Partenone di Atene. Il gruppo marmoreo, trasportato dalla Grecia all’Inghilterra dal diplomatico Lord Elgid nel 1801, è divenuto nel tempo simbolo e identità del Museo al pari della Mona Lisa al Louvre o della Venere di Botticelli agli Uffizi. Simbolo e identità che, parimenti, sono rivendicati, per paternità ed origine, dalla stessa Atene visto che l’antico Templio, dedicato a Athena Parthenos, è ritenuto simbolo delle magnificenze della Grecia antica e avvio dell’arte classica. Purtuttavia, le motivazioni che spinsero, a inizio Ottocento, al trasporto e alla nuova collocazione del gruppo marmoreo in Inghilterra furono giustificate dalla garanzia di mantenere un’adeguata sicurezza, conservazione e valorizzazione. Da allora, nonostante gli enormi sforzi diplomatici greci, i preziosi marmi non sono più rientrati a casa neanche quando, nel 2009 è stato inaugurato il nuovo e luminosissimo museo dell’Acropoli ad opera dell’archistar Bernard Tschumi: uno spazio espositivo modernissimo pronto ad accogliere il ritorno delle opere di Fidia, considerate per gli ateniesi e la Grecia di enorme valore storico-culturale.
Il British Museum e la sicurezza
Queste le premesse per la nostra storia, che ha inizio il 16 agosto 2023, quando il The New York Time esce con la notizia del licenziamento di un dipendente del British Museum sospettato di aver rubato alcuni gioielli dai depositi del Museo, vicenda che ha istantaneamente comportato la contestuale revisione di tutte le misure di sicurezza dello stesso[1]. Pochi giorni più tardi, alla presenza del Board of Trustees, lo storico dell’arte tedesco Hartwig Fischer, a capo dell’Istituto dal 2016, annuncia al mondo le sue dimissioni con effetto immediato. Le motivazioni che hanno spinto Fischer a tale gesto sono riconducibili alle gravi carenze riscontrate in termini di sicurezza del museo e alla conseguente unica responsabilità del Direttore dell’accaduto[2].
Si stima che il numero complessivo dei reperti sottratti si aggiri intorno ai 1500 e i 2000 pezzi, per un valore complessivo di circa 80 milioni di sterline. L’aspetto più sconcertante, e ciò che maggiormente ha indignato la comunità museale mondiale, è la mancanza di un elenco, di un inventario e di una digitalizzazione dei reperti rubati in quanto gli stessi, non essendo esposti al pubblico, erano custoditi all’interno dei depositi del museo e a disposizione degli studiosi accademici per finalità di studio e di ricerca. Quel che sembra assodato è che si tratti soprattutto di gioielli, monili in oro e pietre semipreziose che sembrerebbero stati smembrati e (s)venduti in porzioni separate anche tramite la piattaforma eBay[3].
Presunto autore dei furti, su cui è stata avviata un’indagine da parte di Scotland Yard[4], è Peter John Higgs, dal 1993 parte dello staff del Museo e diventato negli anni curatore delle collezioni della Grecia antica. Dipartimento, quest’ultimo, che detiene la responsabilità diretta della sicurezza e della conservazione del gruppo marmoreo di sculture, fregi e metope del Partenone di Atene di cui abbiamo raccontato sopra. A questo punto sembra inevitabile chiedersi se le garanzie di sicurezza e di conservazione, tanto osannate per il mantenimento dei marmi a Londra, possano considerarsi ancora tali e plausibili a seguito di quanto accaduto. E ancora, quale impatto potrà avere a livello reputazionale il British Museum dopo tale episodio? Come potrà risollevarsi in termini di credibilità e fiducia agli occhi del suo pubblico e della comunità museale mondiale?
Risollevare l’immagine dell’Istituzione
Da fine marzo, Nicholas Cullinan[5], già alla guida della National Portrait Gallery di Londra, è stato nominato nuovo Direttore del British Museum, con il mandato specifico di risollevare l’immagine dell’Istituzione e di sovrintendere a un’ingente ristrutturazione degli spazi museali da tempo progettata. Riuscirà Cullinan a rispondere in maniera resiliente alla crisi? Riuscirà a trasformare l’ondata negativa e a cogliere nuove opportunità di crescita e sviluppo per il museo avviando, magari, la restituzione dei famosi marmi al luogo d’origine? Oppure deciderà di lasciar passare tutto in sordina sperando che la velocità e la sovraesposizione informativa dei nostri giorni dimentichino quanto accaduto? Staremo a vedere.
Se errare humanum est quello che a oggi possiamo fare è, almeno, riflettere ed imparare da tali errori per controllare e migliorare le condizioni dei musei italiani.
Il dovere di protezione per il patrimonio culturale italiano
La prima considerazione riguarda la tutela delle collezioni, ovvero, il dovere di protezione che dobbiamo riservare al nostro meraviglioso patrimonio culturale a partire dalla
- conoscenza diretta ed approfondita dei beni che siamo chiamati a proteggere (Art. 3 CBCP)[6] oltre che
- all’obbligo d’inventariazione (Art. 17 CBCP)[7] e
- conservazione (Art. 29 CBCP)[8] delle collezioni.
Sarà fondamentale, infatti, per ogni Direttore, e per coloro a cui sarà affidata la sicurezza del Museo, avere cognizione immediata e diretta di tutte le opere da tutelare – collocazione esatta e aggiornata, stato di conservazione attraverso i rispettivi condition report e tutta la documentazione disponibile per ricostruire la provenienza di ogni opera – in modo tale che esse siano sempre tracciate, monitorate e nessuno possa disporne arbitrariamente.
La seconda considerazione riguarda la struttura organizzativa interna e l’utilizzo di appositi strumenti di controllo e verifica dei rischi cui è sottoposto il museo. E allora riflettiamo: quanti e quali musei in Italia adottano adeguati Modelli Organizzativi di Gestione[9] finalizzati a prevenire la commissioni di reati a favore o nell’interesse del museo? Tra gli esempi virtuosi si annovera il Museo Egizio di Torino[10] ma quali altri in Italia? Se il D.lgs 231/2001 annovera tra le fattispecie di reato anche gli illeciti contro i beni culturali[11], non sembra corretto presumere che tutte le organizzazioni museali responsabili debbano pensare di dotarsene?
E ancora, come mai nei musei italiani, non viene regolarmente praticata una rotazione delle cariche dei funzionari di medio-alto livello?[12] La ragione sta probabilmente nell’estrema specializzazione del personale incaricato di curare specifiche sezioni di collezioni, ma in questo modo, non rischiamo di legittimare comportamenti che, oggi, si sono verificati nel Regno Unito, ma che, un domani, potrebbero presentarsi anche in Italia? E se è compito delle organizzazioni responsabili mantenere alti i presupposti di legalità, dettati dal perimetro normativo nazionale ed internazionale, nonché dai principi deontologici promossi dal Codice Etico ICOM[13], non possiamo, almeno, pensare di monitorare questo tipo di pratiche con sistemi di internal audit alla struttura?
E ancora a favore del controllo delle strutture organizzative: quanto sarà importante effettuare a livello capillare un’attenta campagna di informazione e formazione rivolta a tutto il personale dipendente del Ministero della Cultura, circa le potenzialità e i vantaggi del cosiddetto whistleblowing, ovvero la garanzia di tutela per i dipendenti che intendano denunciare illeciti riscontrati all’interno della propria organizzazione?[14] Uno strumento che il MIC ha predisposto a favore dei propri dipendenti attraverso una piattaforma unitaria per tutti i musei italiani[15], un grandissimo passo in avanti per garantire la legalità all’interno dei luoghi della cultura.
Conclusioni e possibili soluzioni
Per concludere, ciò che è avvenuto a Londra è un fatto gravissimo: dal furto e dallo smembramento dei beni perpetuato negli anni; al reato presumibilmente commesso da personale infedele all’Istituzione, al quale era stata affidata la conservazione delle collezioni; alla mancata cognizione dei reperti scomparsi; fino alla fredda e debole risposta del Museo all’opinione pubblica rispetto alla crisi in corso. Tutti questi elementi non possono che ledere incontrovertibilmente la reputazione e il già fragile legame di fiducia che lega ogni museo al suo pubblico[16]. Ferite profonde, colme di sale, che impiegheranno decenni prima di rimarginarsi.
Le soluzioni per evitare tutto questo esistono: sarà fondamentale ad esempio partire dall’ordine, dall’inventariazione e dalla digitalizzazione delle collezioni museali, a cui si affiancheranno specifici strumenti finalizzati a compiere un’adeguata analisi, valutazione e monitoraggio dei rischi (safety e security) utili a scongiurare catastrofi di questo tipo e garantire la corretta gestione della continuità operativa del museo[17].
Ma chi, all’interno dei musei, è pronto e formato ad occuparsi del Security Risk Management applicato all’arte e ai musei? Quali figure professionali, se non l’Art Security Manager, possono adempiere a tale oneroso compito?
[1] https://www.nytimes.com/2023/08/16/arts/design/british-museum-theft.html
[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/08/25/il-direttore-del-british-museum-si-dimette-dopo-i-furti_812bae7f-ec76-412c-8be2-8be749830471.html
[3] https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/-un-ex-curatore-il-presunto-ladro-di-antichit-del-british-museum/143127.html
[4] https://www.telegraph.co.uk/news/2023/08/17/british-museum-stolen-artefacts-peter-higgs-curator/
[5] https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/2024/03/british-museum-nuovo-direttore-nicholas-cullinan/
[6] CBCP, D.lgs 42/2004, art. 3 CBCP, comma 1. La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione.
[7] CBCP, D.lgs 42/2004, art. 17, comma 1. Il Ministero, con il concorso delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, assicura la catalogazione dei beni culturali e coordina le relative attività.
[8] CBCP, D.lgs 42/2004, art. 29 CBCP, comma 1. La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro.
[9] D.lgs 231/2001, art. 6.
[10] https://api.museoegizio.it/wp-content/uploads/2023/09/1-PARTE-GENERALE.pdf
[11] D.lgs 231/2001, art. 25-septiesdecies e art. 25-duodevicies in combinato disposto con la Legge 9/2022.
[12] La rotazione delle cariche per il direttore del museo è prevista ogni 5 anni.
[13] Codice Etico ICOM, cap. 7 I Musei operano nella legalità.
[14] D.lgs 24/2023 prevede che dal 17 dicembre 2023 sia obbligatorio per le organizzazioni con più di 50 dipendenti.
[15] Delibera ANAC 469/2021; si veda: https://www.beniculturali.it/segnalazioni-di-illecito-whistleblower
[16] Tutte le tipologie di visitatori: bambini, studenti, persone con disabilità (motoria, fisica e cognitiva).
[17] Si vedano gli standard internazionali ISO 22301 2019.