Scritto a quattro mani dal prof. Roberto Setola, Direttore Laboratorio Sistemi Complessi e Sicurezza, e dal dott. Marco Di Luzio, Università Campus Bio-Medico di Roma, l’argomento proposto dalla rubrica di approfondimento I VENERDI’ DI S NEWS, tratta oggi un tema strettamente collegato al mondo della Security, quello dell’Intelligenza Economica.
Buona lettura!
Benvenuti in un mondo che c’è ma non si vede. Un mondo che poi, in Italia, nemmeno c’è, quindi figuriamoci cercare di trovarlo da qualche parte. Il mondo è quello dell’Intelligenza Economica, o come dicono gli inglesi “Competitive Intelligence”, quell’insieme di strumenti e strategie che si usano per rendere più competitivo un ente (pubblico o privato che sia) studiando il contesto esterno e cercando di anticipare i tempi.
Detto così sembra una disciplina a metà tra lo spionaggio e la divinazione, con protagonisti senza scrupoli e pronti a tutto per ottenere quello che vogliono. Forse. Ma è bene prima capire, in maniera generica, cos’è l’Intelligenza Economica, come nasce e soprattutto, perché nasce.
Immaginiamo, e per questo lo sforzo è minino, un’azienda di un paese europeo che perda gradualmente competitività, sia a livello nazionale che, soprattutto, internazionale. In uno scenario di crisi come quello odierno, la prima risposta sarebbe quella di abbassare i costi e cercare di tagliare il superfluo, a discapito magari della qualità e soprattutto dei posti di lavoro. Ma questo, il più delle volte, ha un effetto tattico che sul medio-lungo periodo si traduce in un disastro finanziario, legato alla sempre crescente riduzione di competitività. Una strategia alternativa (in questo caso strategia e non tattica) è quella di fare invece l’esatto contrario: investire in know-how. Quindi individuare potenziali mercati, definire il proprio posizionamento nei confronti dei concorrenti e, soprattutto, valorizzare, promuovere e tutelare il proprio capitale intangibile.
Per attuare tutto ciò è però sempre più importante avere una corretta capacità di gestione delle informazioni, ovvero la capacità di sapere cogliere ed interpretare un contesto e saperlo poi trasformare in una previsione sul futuro, ergo, nella chiave per il successo. Saper cogliere i segnali premonitori, sapersi muovere nell’universo della globalizzazione come nelle piccole beghe del comune dove si risiede, saper raccogliere informazioni strategiche su se stessi e sugli altri e poi costruire scenari e avere la capacità di saperli comunicare. Questa è l'essenza della “Intelligenza Economica”, dove “intelligenza” non va confusa con il termine anglosassone “intelligence” (attività di spionaggio a fini politici o militari) perché gli interlocutori sono principalmente gli operatori (imprenditori) privati e perché diverse sono le fonti e le risorse a cui attingere.
Infatti la sorgente da cui l'Intelligenza Economica attinge i suoi dati sono a disposizione di tutti. Il suo compito è quello di tramutare elementi e frammenti di informazioni scollegate e sincopate in una conoscenza spendibile dall'azienda. Per cui è fondamentale, non solo la ricerca delle informazioni, ma soprattutto la capacità di qualificarle, filtrarle, assemblarle, e renderle comprensibili, il tutto, rispettando i sempre più stringenti vincoli di tempi ridotti e costi contenuti.
Naturalmente quello dell’impresa che vuole recuperare competitività è solo un esempio, perché se il concetto dell’Intelligenza Economica è ora più chiaro, vien da sé che potrebbe essere applicato a qualsiasi cosa: magari, per fare un altro esempio, in una pubblica amministrazione che volesse meglio rispondere alle richieste del cittadino, in una periodo di sfiducia verso il senso delle istituzioni. Oppure, la stessa azienda sopracitata, potrebbe voler perfezionare ed ampliare il proprio piano security, con la prospettiva di sfruttare le caratteristiche dell’Intelligenza Economica, per acquisire informazioni e saper prevenire eventuali minacce e pericoli.
In Inghilterra e in Francia, sulla Intelligenza Economica, ci si scrivono libri e si fa scuola già da tempo, qui in Italia, invece, il tema è ancora nel suo stato embrionale ma la percezione è che esistano già forti spinte in questa direzione. Per il momento, chi ha colto il vento che cambia, è stata l’Università, in particolare il Campus Bio-Medico di Roma e la Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ad ottobre 2013 partiranno con un Corso di Perfezionamento congiunto in, per l’appunto, Intelligenza Economica, con un Comitato Scientifico di primordine e con un programma didattico che mira, non a dare un’infarinatura sul tema (cioè sul cosa), ma quanto piuttosto cercare di fornire quegli strumenti metodologici ed operativi necessari per realizzare Intelligenza Economica (ovvero il come).
L'obiettivo è andare al cuore della questione e preparare i professionisti di domani (o già di oggi) ad un nuovo modo di vedere lo sviluppo aziendale e sociale. Con esiti che solo il domani (o un esperto in Intelligenza Economica) saprà dirci.
Roberto Setola e Marco Di Luzio