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Le categorie dell’analista

Le categorie dell’analista

Un giorno Giulio Carducci mi dice: “Chi vuol fare il nostro mestiere deve possedere le categorie kantiane”. Il filosofo tedesco, Immanuel Kant, sostiene che le conoscenze constano di una molteplicità di dati empirici cui manca quella connessione e quell’unità che li costituisce in un oggetto della conoscenza. La facoltà che compie il processo di unificazione è l’intelletto, che opera attraverso concetti. Il concetto ha la funzione di ordinare le diverse rappresentazioni.

Kant – e prima di lui Aristotele – chiama tali concetti categorie, appunto. Sono quattro per l’esattezza (quantità, qualità, relazione, modalità) e definiscono i modi universali del pensare. Egli introduce, inoltre, due “quadri mentali” (spazio e tempo) entro cui sono collocati i dati fenomenici. Alcuni anni dopo, durante un Master, mi imbatto nuovamente nelle categorie kantiane applicate, questa volta, all’analisi di Intelligence. Il professor Daniele Zotti, docente di Deception, mi spalanca un universo e da quel giorno nulla è stato più come prima.

Le sue parole rivoluzionano il mio modo di leggere eventi o segnali, interpretare fenomeni, lavorare, relazionarmi con le persone e persino vedere pellicole cinematografiche. In quelle lezioni, uniche nel loro genere e dal valore inestimabile, Zotti insegna a noi aspiranti analisti una cosa in particolare: a ragionare attraverso un processo di cinica e spietata spersonalizzazione.

Ci mostra con esempi attinti dalla storia e dalla cronaca come l’uomo, facendo ricorso all’antica arte della dissimulazione e utilizzando le sue tecniche, agisca solo in funzione del proprio interesse personale o del gruppo che rappresenta, muovendosi su una pericolosa “scacchiera di gioco”, con la tipica circospezione di un felino.

Le categorie kantiane si trasformano così in una griglia costituita da otto (e solo otto) “semplici” voci: spazio, tempo, obiettivi, arena, attori, risorse materiali, risorse immateriali e percezioni, dove ogni soggetto andrà a collocare i propri elementi, in relazione ai quali assumerà determinate decisioni. Una tabella, più articolata e complessa se vogliamo, di quella “dei pro e dei contro” che i nostri genitori ci insegnano sin da bambini e in base alla quale ancora oggi facciamo le nostre scelte, più o meno importanti.

categorie-kantiane

Solo che, anziché essere noi a decidere, cerchiamo di capire cosa decideranno gli altri o tentiamo di spiegare le reali motivazioni di certe decisioni. Le combinazioni possibili e le varianti sono innumerevoli, come pure gli scenari che si configurano. E il quadro si complica esponenzialmente all’aumentare del numero degli attori in gioco. Di qui il sovente ricorso ad applicativi in grado di elaborare le migliaia di variabili.

Non ci sorprenderà allora se, analizzando la scena internazionale, avversari di una vita possano trovare delle convergenze (politiche, economiche, militari, ecc.) di circostanza, stringendo finanche delle alleanze tattiche o, di converso, alleati (apparentemente) di sempre entrino improvvisamente ed inspiegabilmente in contrasto, al punto da scatenare addirittura un conflitto (bellico).

Sforzandoci di usare questo modo di ragionare, si evitano gli errori più comuni nei quali facilmente incorriamo, quali le distorsioni cognitive o le confirmation bias, non di rado causati da quella hỳbris intellettuale da cui tutti siamo affetti. Conoscere le categorie rappresenta il primo passo verso la costruzione di uno stratagemma (o inganno strategico), che scaturisce dalla manipolazione delle categorie stesse, argomento che affronteremo nella prossima uscita.

di Cristhian Re

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