L’impatto psicologico della pandemia su persone e aziende
Ben-Essere al lavoro, la rubrica di S News a cura di Giulia Cavalli, presenta un interessante approfondimento di estrema attualità, in relazione all’impatto psicologico della pandemia sulle persone e sulle aziende.
Come sempre l’autrice, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista e parte del Comitato Scientifico di S News, oltre ad analizzare e spiegare il tema, fornisce anche saggi consigli, particolarmente utili ed incoraggianti in questo complesso momento storico.
Buona lettura, quindi!
la Redazione
L’IMPATTO PSICOLOGICO DELLA PANDEMIA SU PERSONE E AZIENDE
È negli occhi e nel cuore di tutti noi l’effetto della pandemia di Covid, dei ripetuti lockdowns, delle perdite di persone, di relazioni, di lavori e, in fin dei conti, della perdita di certezze. Nella nostra società ipercontrollante i disturbi d’ansia erano già diffusi. Infatti siamo in un’epoca in cui ciò che sfugge al controllo razionale, e non può essere incasellato, viene visto come pericoloso. Non è allora un caso che in questa situazione di pandemia le ansie siano dilagate: da stati di tensione pervasivi (per la paura di essere contagiati, di contagiare, di non riuscire a far fronte alle condizioni attuali di vita e così via) a veri e propri attacchi di panico, dalle fobie (per esempio di contagio) ai disturbi del sonno (diffusissima l’insonnia) o dell’alimentazione, alla chiusura in se stessi o, al contrario, all’aggressività verso gli altri.
Sono aumentati anche i disturbi depressivi, non solo in personalità con caratteristiche di ritiro e depressione, ma anche in chi è più estroverso, perché – venendo a meno il contatto con gli altri – ha perso la sua fonte di “ricarica” e scambio vitale, vivendo una profonda solitudine. Così come, al contrario, chi era abituato ad avere spazi propri si è ritrovato chiuso in casa con altre persone per lungo tempo, dovendo gestire lo smart working e il resto della famiglia, senza avere spazi intimi in cui recuperare energie.
Quando il nostro cervello è attivato da situazioni che mettono in gioco la sopravvivenza, è facile perdere il contatto con se stessi e non avere la lucidità mentale per ragionare in maniera critica e obiettiva. Questo vale tanto per le singole persone, quanto per le organizzazioni.
Potersi fermare e accorgersi di come si sta, senza paura, ma semplicemente osservando e accogliendo, è il primo passo per creare quell’ascolto di sé e degli altri, utile a cogliere le risorse da cui ripartire.
Altrimenti il rischio è quello di agire – o meglio re-agire (reazione a qualcosa e non azione consapevole) – sulla base della paura. Una famosa teoria sullo sviluppo cerebrale (in parte confutata, ma utile a livello esplicativo), elaborata da MacLean, suddivide il cervello in tre strati: quello più antico detto “rettiliano” che agisce per garantire la nostra sopravvivenza, quello “mammifero” funzionale per sostenere le relazioni del gruppo e la cura reciproca e lo strato più recente, quello della neocorteccia, che ci consente ragionamenti complessi di pianificazione e problem solving. Il cervello rettiliano è quello che gioca un ruolo importante quando c’è la paura e prende il sopravvento sulle altre nostre competenze e sulle funzioni più avanzate del cervello.
Nello specifico quest’area cerebrale ragiona nei termini di attacco, fuga o paralisi. In questo momento di incertezza è facile cadere in comportamenti di questo tipo e, quindi, arrabbiarsi senza progettare, chiudersi senza vedere futuro o bloccarsi del tutto. La nostra bussola per orientarci può venire solo dal recupero delle capacità insite nel cervello mammifero e nella neocorteccia, specialmente all’interno dei luoghi di lavoro.
I luoghi che frequentiamo possono diventare luoghi di sostegno del benessere, anche se vissuti “online”, se consentono di fermarsi ad ascoltarsi e conoscersi nelle proprie risorse. L’ostacolo maggiore è che, in genere, non siamo abituati a farlo: è molto più facile ascoltare ciò che proviene fuori da noi, cercando risposte preconfezionate, che ci evitano di soffermarci a sentire come stiamo e cogliere qual è la nostra strada per affrontare la vita, una strada che è unica e – quando la si inizia a percorrere – meravigliosa, anche nelle difficoltà.
Le persone e le aziende che, accogliendo la paura senza farsene sopraffare e senza ingabbiarsi in maniera meccanica e spaventata in procedure anti-Covid, hanno saputo accogliere le emozioni di questo periodo e aiutare le persone a vedere le proprie risorse al di là della paura, sono quelle che hanno continuato a lavorare bene, a guardare al futuro e innovarsi, nonostante tutto. E a diventare a volte l’unico posto di benessere per molte persone che, a causa del lockdown, hanno visto svanire ogni forma di svago e piacere. Il posto di lavoro, più che mai oggi, può anche essere un luogo di piacere e di scoperta del proprio valore, anche e soprattutto nelle sfide che ci pone la pandemia.
a cura di Giulia Cavalli psicologa psicoterapeuta, psicoanalista