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Pensiero in esercizio

Pensiero in esercizio

Inizia una nuova rubrica di snewsonline.com: Il Dazebao della Security, a cura di Cristhian Re.

Da tempo Re collabora con S News con validissimi apporti, sia sulla versione cartacea che su quella online, e considerato l’altissimo indice di gradimento dei suoi articoli da parte dei lettori, si è deciso di dedicare una rubrica specifica ai temi da lui trattati: nasce così Il Dazebao della Security, che, già dal nome, risulta essere un programma ed una dichiarazione d’intenti, non necessariamente di guerra …

Pensiero in esercizio è il sottotitolo della rubrica, a significare che quello di Re è un work in progress, così come lo è quello della rivista stessa, sempre alla ricerca di argomenti di spessore, di spunti di riflessione, di idee costruttive per far crescere il settore, sia sotto il profilo dell’lnformazione e della Cultura, che del Business.

di Monica Bertolo

CristhianReChi è Cristhian Re.
Ufficiale dei carabinieri in congedo, ha operato per un decennio nel settore della sicurezza di Finmeccanica. Dal 2012 è responsabile della Security di Edipower.
Laurea in Scienze Politiche e in Lettere, Master of Arts in Intelligence and Security, autore di diversi articoli su riviste di settore. Nel 2011 pubblica il saggio “La misura della sicurezza” (Bit.Book Editore) e nel 2012 il web book “Propedeutica all’analisi del rischio” (Edisef). 
Certificato Senior Security Manager UNI 10459:2015, CBCI (ISO 22301:2012), Lead Auditor ISO/IEC 27001:2013, Port Facility Security Officer e Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (Settore Ateco B4 e B9).


LA SECURITY: UNA GIUNGLA DI NORME E… NESSUN VERO OBBLIGO

Se domandiamo all’uomo della strada: “Cos’è la Security?”, probabilmente risponderà che è il servizio di sicurezza piazzato all’ingresso di certi locali(ini) o eventi. Nell’immaginario collettivo (dei non addetti ai lavori), infatti, il temine è associato al buttafuori; un gigante dai piedi di argilla un po’ come, spesso,si presenta la Security in azienda, posto che ci sia.

Certamente, nulla di più distante rispetto al processo di cui parla Bruce Schneier, crittografo e saggista statunitense.

La Security in azienda, al contrario della Safety (D.Lgs. 81/08), non è un obbligo di legge. Security e Safety, tuttavia, si traducono in italiano con l’onnicomprensivo termine: sicurezza, ingenerando una strisciante e latente confusione. In verità, non sono gli inglesi ad aver coniato i due lemmi, bensì i latini e noi, ovviamente, i degeneri pronipoti dimentichi delle proprie radici. Fortunatamente ci sono gli inglesi, di tanto in tanto, a ricordarcelo.

“Secure-Security”, dal lat. “securus-securitas”: sicurezza, quiete, tranquillità d’animo. Safe-Safety, dal lat. “salvus-salus”, a sua volta derivante dal greco “σῶς-σωτηρία”: salute, sanità, incolumità, sicurezza.

La prima è la protezione dei lavoratori e degli asset da atti illeciti. Non a caso sinonimi (oltremodo più felici) di Security sono appunto “tutela” (dal lat. “tutela”) e, su scala allargata (si pensi ad uno Stato), “difesa” (dal lat. “defensio”). Opera di prevenzione dei rischi esogeni (cioè di natura esterna, c.d. “rischi atipici”) all’attività lavorativa e di contrasto delle azioni criminose.

La seconda, invece, è l’antinfortunistica, attività che è dedicata alla prevenzione dei rischi endogeni (cioè di natura interna, c.d. “rischi tipici”) all’attività lavorativa. L’art. 31 del D.Lgs. 81/08, infatti, prevede il «Sistema di prevenzione e protezione» (SPP) e impone la designazione di un suo responsabile (RSPP) il quale deve coadiuvare il Datore di Lavoro nel garantire la sicurezza dei dipendenti.

Non si può affermare che la Security abbia un preciso e univoco riferimento normativo come la Safety. Nonostante ciò al Security Manager (Norma UNI 10459) sono richiesti requisiti, competenze e abilità specifici e dettagliatissimi, nonché conoscenze (dirette o indirette) di una pletora (ben oltre una trentina) di leggi, decreti (taluni persino Regi), regolamenti (anche UE), convenzioni, standard nazionali e internazionali, codici, buone prassi, soluzioni tecnologiche di mercato e tanto altro ancora. Un professionista, dai tratti ossimorici, che al contempo sia uomo di azione e di pensiero, custode del materiale e dell’immateriale, metodologo e tecnologo, tessitore di relazioni e depositario dell’inaccessibile, consigliere e “consigliori” (di Puziana memoria), metodico pianificatore e argine alle improvvisazioni altrui, negromante e “travolto… tra ‘l mento e ‘l principio del casso” (per dirla alla Dante). Giulio Carducci, maestro e amico di pluridecennale esperienza, amava definire questa singolarità: “Uomo con i calli alle mani e al cervello”. Una distonia assai nota agli addetti ai lavori che genera quella doppia forbice – nota ai più – tra il percepito e la realtà e, all’interno di quest’ultima, tra la teoria e la pratica. Lo sa bene, ad esempio, chi è chiamato a disegnare, “ex novo”, l’organigramma di una funzione Security, sempre ammesso che internamente sia stata avvertita la necessità di dotarsene. Il Committente, cioè il Decisore, dinanzi a proposte di articolazioni complesse della struttura potrebbe legittimamente domandare: “Ma dove è scritto?”. La risposta più onesta sarebbe: “Da nessuna parte ovvero in tanti documenti non cogenti e in forma non esplicita”.  a replica finale: “Ne riparliamo quando lo diventeranno o a fronte di qualche evento realmente dannoso”. Si preferisce attendere, per una questione di costi e opportunità, l’obbligatorietà (e annessi risvolti penali) o la catastrofe. E si sa… prima o poi una delle due o entrambe, a breve distanza, arrivano. È solo questione di tempo.

Alcuni grandi Gruppi industriali italiani, ben consci di tutto ciò, hanno adottato una linea straordinariamente geniale quanto pragmatica facendo leva proprio sull’esistente: il D.Lgs. 81/08 in combinato disposto con il D.Lgs. 231/01.

Il D.Lgs. 81/08, come noto, è la norma che definisce l’obbligo giuridico della valutazione di tutti i rischi. L’art. 15, in particolare, impone al Datore di Lavoro di dotare le aziende di strumenti idonei alla conoscenze (dirette o indirette) di una pletora (ben oltre una trentina) di leggi, decreti (taluni persino Regi), regolamenti (anche UE), convenzioni, standard nazionali e internazionali, codici, buone prassi, soluzioni tecnologiche di mercato e tanto altro ancora. Un professionista, dai tratti ossimorici, che al contempo sia uomo di azione e di pensiero, custode del materiale e dell’immateriale, metodologo e tecnologo, tessitore di relazioni e depositario dell’inaccessibile, consigliere e “consigliori” (di Puziana memoria), metodico pianificatore e argine riduzione e, ove possibile, all’eliminazione dei rischi, individuando, al successivo art. 28, l’oggetto della valutazione dei rischi medesimi. È ormai pacifico che con la locuzione “tutti i rischi” si intenda anche quelli di Security, cioè quelli derivanti dalle azioni criminose e dolose di terzi.

In un passaggio di una nota pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. 20 aprile 1998, nr. 4012) si legge: “[…] in caso di attività aziendale che comporti rischi extra-lavorativi (quelli di Security sono, come già detto, rischi esogeni all’attività lavorativa, c.d. rischi atipici – n.d.r.) prevedibili ed evitabili alla stregua dei comuni criteri di diligenza, il Datore di Lavoro che non abbia predisposto gli adeguati mezzi di tutela o li abbia predisposti in misura non idonea, risponde del danno subito dal dipendente” e ancora che “l’obbligo dell’imprenditore di tutelare l’integrità fisiopsichica dei dipendenti impone l’adozione non solo di misure di tipo igienico sanitario o antinfortunistico (ambito Safety – n.d.r.), ma anche misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione di detta integrità nell’ambiente o in costanza di lavoro in relazioni ad attività, pur se allo stesso non collegate direttamente come le aggressioni conseguenti all’attività criminosa di terzi…”.

Il D.Lgs. 231/01, invece, stabilisce i profili di responsabilità, amministrativi ma di fatto anche “penali” per le imprese nel caso di commissione di reato da parte di sue persone e, quindi, anche nel mancato rispetto del D.Lgs. 81/08 (omicidio colposo, lesioni gravi e gravissime in violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro).

Il dovere di istituire in azienda un efficace modello di organizz zione e gestione, nell’ottica di una corretta identificazione, prevenzione e trattamento dei rischi, atto ad esimere l’impresa stessa dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, rappresenta il “trait d’union” tra il D.Lgs. 81/08 (art. 30) e il D.Lgs. 231/01 (art. 6) e, ad oggi, l’unica forma di “obbligo”.

di Cristhian Re

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