Principio di Neutralità e Droit de Retrait in Francia. La valutazione del rischio terrorismo nell’impresa privata
S News incontra Umberto Saccone, Amministratore Unico della Port Authority s.r.l. (PAS) e of Counsel di IFI Advisory.
Parliamo dell’obbligo di tutela dei lavoratori. La Francia offre qualche spunto di riflessione?
Il rapporto giuridico di lavoro comporta, per sua stessa natura, problematiche legate al tema della libertà di professare una religione da parte del lavoratore. È un dato di fatto che spesso i dipendenti adottino condotte quotidiane, in linea con gli insegnamenti religiosi seguiti; tali condotte possono anche comportare tensioni nei rapporti interpersonali con i clienti e con gli stessi colleghi di lavoro.
La Costituzione francese tutela le libertà fondamentali di pensiero, coscienza e religione e sancisce il divieto di discriminazione religiosa, politica o di altro tipo. Ai sensi del Code du Travail, ogni rifi uto di assunzione, punizione o licenziamento basato su convinzioni religiose è soggetto a pesanti sanzioni e nullità.
Si tratta di un tema estremamente delicato, che trova una peculiare normativa in Francia, Paese a vocazione multiculturale, da ormai tre anni dilaniato dal terrorismo religioso e da allarmismi su una potenziale radicalizzazione dei dipendenti di imprese private, spesso individui con contatti all’estero, possibilità di effettuarvi trasferte e discrete disponibilità economiche.
Ai sensi dell’art. L4121 del Code du Travail le imprese francesi sono obbligate ad adottare le misure necessarie per garantire la sicurezza e proteggere la salute fisica e mentale dei lavoratori, integrando di conseguenza il rischio terrorismo nel loro Documento Unico di valutazione del rischio (DUER), che va presentato al Comitato sanitario, sicurezza e ambiente del lavoro (CHSCT).
Quali iniziative sono state adottate per governare i fenomeni di radicalizzazione?
La necessità di contemperare l’obbligazione di sicurezza con il rispetto delle norme di non discriminazione religiosa, rende spesso incerta la validità di azioni preventive rispetto al rischio radicalizzazione; tuttavia la Suprema Corte d’Oltralpe nel caso Baby Loup, ha stabilito che la libertà religiosa non è assoluta e può essere limitata da restrizioni che corrispondono ad un requisito professionale essenziale e decisivo ed a condizione che l’obiettivo sia legittimo e proporzionale (Cass. – Assemblée Plénière-Arrêt n° 612 du 25 juin 2014).
La riforma del Code du Travail, dell’8 agosto 2016, ha introdotto il nuovo art. L1321-2-1 che ha dato un fondamento giuridico a quanto previsto dalla Corte, autorizzando le imprese private a introdurre nel regolamento interno disposizioni che sanciscono il principio di neutralità, per limitare la manifestazione di credenze dei dipendenti se tali restrizioni sono giustificate dall’esercizio di altre libertà e diritti fondamentali o dalla necessità del buon funzionamento dell’impresa e se siano proporzionate all’obiettivo perseguito. Non è comunque prevista alcuna disposizione legale per licenziare un dipendente che sia considerato radicalizzato; il datore di lavoro dovrà quindi misurare il rischio, in collaborazione, se necessario, con le autorità militari e di polizia e cercare di trovare una soluzione compatibile con il suo obbligo.
Ma il principio di neutralità trova sufficienti garanzie?
Sul principio di neutralità si sono espressi i giudici della Corte di Giustizia dell’UE con due sentenze del 14 Marzo 2017 (Casi Bougnaoui e Achbita), relativamente alla possibilità di presentarsi sul luogo di lavoro con il capo velato, secondo il dettato islamico.
La Corte sentenzia che “una regola interna che proibisca di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso non costituisce diretta discriminazione”, qualora sia oggettivamente giustificata da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti, purché i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari e siano applicati senza discriminazioni tra le diverse ideologie.
Vale la pena segnalare che in Francia, ai sensi dell’art. L. 4131-1 del Code du Travail, i lavoratori beneficiano del Droit de Retrait, istituto che permette loro di sospendere l’attività lavorativa qualora ritengono ragionevolmente che la situazione presenti un pericolo serio e imminente per la propria vita o salute, percependo un sistema di protezione aziendale insufficiente. Ne consegue che le imprese saranno incoraggiate a implementare in maniera efficace il rischio terrorismo e il principio di neutralità aziendale, prevenendo l’utilizzo del Droit de Retrait, nocivo per l’efficienza dell’attività d’impresa, senza considerare i vantaggi per la sicurezza generale che potrebbero discendere da una riduzione del rischio di radicalizzazione.
La situazione in Italia presenta analogie?
In Italia, il principio di neutralità è piuttosto embrionale: gli articoli 15 e 16 dello Statuto dei lavoratori italiano sanciscono il divieto di qualsiasi atto datoriale che sia diretto a finalità di discriminazione religiosa, tutelando il diritto del lavoratore di non subire pregiudizi in ragione della fede da lui professata. Il combinato disposto degli artt. 43 e 44 del d.lgs. 286/1998 e dell’art. 2 del d.lgs. 216/2003 esclude la possibilità di differenziare il trattamento dei lavoratori sulla base delle loro convinzioni religiose, anche quando tale differenziazione sia comprovata sulla base di motivazioni oggettive, prevedendo quale rimedio la cessazione del comportamento pregiudizievole tramite un provvedimento del giudice.
Più controverso è valutare se i comportamenti lavorativi siano influenzati dall’osservanza di un precetto confessionale, che incida obiettivamente sul corretto adempimento del prestatore. In questo caso, sta al giudice verificare che tali licenziamenti possano essere considerati riferibili alla fede religiosa del prestatore solo in via indiretta, trovando invece fondamento nell’inesatto adempimento della prestazione lavorativa.
a cura di Monica Bertolo