Qui e ora. Come fare il punto sulla propria situazione lavorativa, in modo sincero e attento

Paola Barzaghi, psicologa, esperta di psicologia del lavoro, counselling e coaching, per la rubrica di S News Ben-Essere al Lavoro si cimenta su un tema importante: “Come fare il punto sulla propria situazione lavorativa”.
Qual è il modo più sincero e attento per fare questa analisi?
Buona lettura!
QUI E ORA. COME FARE IL PUNTO SULLA PROPRIA SITUAZIONE LAVORATIVA, IN MODO SINCERO E ATTENTO
a cura di Paola Barzaghi
Immagina una persona cara che ti sta parlando al telefono. Improvvisamente le viene il dubbio che tu non la stia veramente ascoltando. Di conseguenza ti chiede: “Ehi…ci sei?” Così, proprio con questo spirito – quello della persona che vuole verificare il livello di attenzione – ti suggerisco di avvicinarti a “C6?”.
C6 è un breve questionario composto da 6 domande che ti dà conto del grado di presenza e lucidità che poni a quello che ti succede al lavoro. Dopo aver risposto alle domande, puoi leggere alcune riflessioni su come sviluppare una condizione di maggiore presenza e attenzione al lavoro.
Avvertenze
Puoi utilizzare C6 qualunque sia:
- il lavoro che svolgi, al di là del settore, della posizione in organigramma, del ruolo;
- la fase che attraversi, di bilanci, di inizi o di chiusura di carriera;
- lo stato emotivo che vivi, benessere, entusiasmo, stanchezza, noia.
Istruzioni
Nel compilare C6:
- Fai riferimento ad episodi concreti, circoscritti, accaduti oggi, non a ciò che capita di solito.
- Rispondi con sincerità e apertura, evitando di mentire… a te stessa/o.
Ecco le domande di C6, tutte iniziano con lo stesso incipit:
OGGI AL LAVORO… 1. In quale circostanza hai espresso una tua precisa capacità? Come ti sei sentita/o? 2. Hai manifestato qualche asperità del tuo carattere? Descrivi come si è attivata. 3. Hai ricevuto qualche critica o qualche riconoscimento? Ǫuali sensazioni hai provato? 4. In quali momenti hai sentito che il tuo livello di attenzione era al massimo? 5. In quali momenti ti sei accorta/o di essere sovrappensiero? 6. Con quale stato d’animo o sensazioni hai iniziato le attività? Con quale hai concluso? |
Adesso ti chiedo…Come è andata? Hai avuto modo di dare risposte precise? Può darsi di sì o di no, perché non c’era niente da ricordare, non avendo “fissato” sensazioni, emozioni, pensieri, oppure hai risposto facendo riferimento ad una versione di te che appartiene al passato, immobile in un cv, non ancorata all’oggi. Potrebbe essere successo questo o altro. Allora ti svelo che puoi rispondere a C6 solo se nella tua giornata hai posto attenzione a quello che succedeva, mentre accadeva, e hai attivato la memoria di te in quella circostanza. Capita spesso che non facciamo nulla di ciò, perché lavoriamo con un automatismo profondo. Meccanismi quali il “sonno meccanico”, la ripetizione e il dare per scontato limitano il nostro stato di presenza.
Come possiamo invece attivare il più frequentemente possibile uno stato di presenza che ci consenta di fare un punto in modo sincero e diretto sul nostro modo di essere al lavoro?
Ecco qualche tecnica
- Praticare l’auto-osservazione come chiave contro la meccanicità del “pilota automatico” o dello stato di “sonno da svegli” di cui parla G. Gurdjieff. Significa attivare una specie di testimone dentro di noi che osserva qui e ora ciò che succede: pensieri, emozioni, reazioni agli eventi. L’osservazione di sé può dare informazioni preziose per il nostro miglioramento professionale, in termini di prestazione, valori, autoefficacia, efficienza. Un conto è “pensare” in astratto di essere organizzati (oppure al contrario, di essere disorganizzati) un altro è confrontarsi con l’esperienza che dice qualcosa di più aderente alla realtà, al come siamo davvero in un certo episodio.
- Attenzione vigile alle ripetizioni come chiave per limitare il rimuginio inutile e le reazioni sempre uguali a se stesse. P. Ouspensky, nel noto romanzo, ci presenta Osokin, un giovane che rivive la sua stessa vita più volte, ma che rimane nel passato, insoddisfatto, in preda all’incapacità di imparare dagli errori. Per quanto ci riguarda, renderci conto che stiamo cadendo in solchi noti e fermarci è un modo di aprirci al presente, dare spazio alla novità, alla trasformazione professionale, perché interrompiamo uno schema che ci intrappola in routine non funzionali.
- Darsi una intenzionalità o scopo come chiave per evitare di “dare per scontati” tutta una serie di aspetti che invece vanno verificati e aggiornati quotidianamente sul lavoro. Mi riferisco al chiedersi ciò che è prioritario, ciò che è secondario, su cosa vale la pena investire le proprie forze, quali sono i valori del proprio agire e come si traducono in comportamenti. S. Covey sottolinea l’importanza di lavorare con un’intenzione ben precisa, e di “iniziare pensando alla fine” per non lasciarsi sopraffare dalla reattività agli eventi. Tutto questo non è possibile se siamo “sovrappensiero”.
Mi piace infine citare F. Varanini che ci sollecita ad un atteggiamento di centratura, ben più rilevante di competenze tecniche: “Tanto abbarbicarci a best practice, business plan e budget – rappresentazioni consolatorie semplificate del mondo, dove il passato e il futuro contano più del qui e ora. Eppure, se non sappiamo badare a ciò che accade nel momento presente dovremmo considerarci manager, imprenditori e consulenti ben miseri”.
Conclusione
Non è semplice fare il punto sul proprio qui e ora lavorativo. Ǫuesto perché esistono meccanismi come il “sonno meccanico”, la “ripetizione” e il “dare per scontato” che limitano lo stato di presenza quando lavoriamo. Mettere in pratica le tecniche di autosservazione, attenzione vigile alla ripetizione e darsi una intenzionalità è un grande passo verso il pieno sviluppo delle proprie potenzialità umane e lavorative.
Bibliografia
(2003) Covey, S., Le 7 regole per avere successo, Franco Angeli
(2005) Folchini E., Gaiarin N., Rinaldi A., Counseling per manager, Guerini e Associati (1987) [a cura di Albanese, C.,] Ouspensky, P.D., La strana vita di Ivan Osokin, Edizioni I.Te.R
CHI È PAOLA BARZAGHI
Da più di 20 anni si dedica alla psicologia del lavoro, all’interno di diverse organizzazioni nelle quali ha seguito i processi di selezione, formazione e sviluppo. Tuttora si occupa di benessere organizzativo e di sviluppo professionale del personale in una grande università pubblica. Come psicologa che opera anche a livello individuale, aiuta le persone con percorsi di sostegno e crescita, attraverso gli strumenti del counseling e del coaching. Propone, infine, docenze su temi psicologici e conferenze per divulgare la psicogenealogia, un metodo che consente di affrontare quei blocchi di vita relazionale e lavorativa che hanno origine transgenerazionale.
