Security Manager: sorpassato Morandi. Noi andiamo a 120!
Morandi cantava: “Andavo a 100 all’ora per trovar la bimba mia”; il Security Manager, invece, deve andare a 120. Il nostro Normatore, spinto dalla necessità di recuperare il tempo perduto, decide per i 120. Sono infatti 120 le obbligazioni che complessivamente legano il Security Manager al suo mestiere.
Al di là delle particolari attitudini, egli deve recare con sé un bagaglio di conoscenze che con l’esperienza potrà affinare e trasformare in uno strumento operativo capace di riverberare gli effetti positivi anche su piani esterni al proprio perimetro. Business compreso. Le 120 pretese del normatore spaziano dall’ambiente tellurico a quello marino, non tralasciando puntate nell’iperuranio.
Allo spirare del Novecento, quando ancora nella cultura d’impresa il ruolo effettivo della sicurezza non era neppure lontanamente tracciato, il Normatore italiano introduce nel panorama degli schemi di certificazione delle professionalità anche quella del Security Manager, ribaltando la percezione media di quel profilo fino ad allora caratterizzato dalla sola figura della guardia ai cancelli o poco più. Una nuova cultura. Dopo poco meno di un quarto di secolo, sempre il nostro Normatore realizza che nella sfera occidentale questa cultura, insieme al balzo tecnologico, aveva prodotto un ulteriore e repentino mutamento di asse in una professione che, proprio in virtù di queste tecnologie, aveva modificato il suo perimetro sino a espandersi in altre aree, business compreso. La norma revisionata, data l’ampiezza dei contenuti, denuncia l’affanno con cui si è voluto colmare questo divario: ecco le 120 obbligazioni. Übermensch.
Sappiamo bene che dotarsi di un professionista del genere non costituisce obbligo, come non lo è avere un Direttore Human Resources, Finance, Legal, Audit, Procurament, ecc., tuttavia nel momento in cui un’azienda decide di inclinare alla sicurezza è in grado di stabilire il livello del professionista di cui vorrà servirsi. Balzano immediatamente agli occhi due macroscopici aspetti:
- spazi ignoti o poco noti, niente affatto presidiati;
- spazi noti, ma presidiati da altre figure solitamente prive di certificazione e della capacità di relazionare la specifica attività nel quadro complessivo della Security.
Da tutto questo derivano incertezze, difficoltà nell’aggiornamento, scarso dinamismo e conflitti di competenze: la paralisi di una funzione.
La Norma 10459 è evidentemente rivolta ad aziende di grandi dimensioni. In Italia quelle con oltre 500 dipendenti sono circa 1.500 (0,1% del totale)! Un numero già estremamente esiguo che si assottiglia drasticamente all’aumentare della scala dimensionale:
Quindi, quelle pochissime aziende che annoverano tra le loro fila un security manager si trovano di fronte a un bivio così schematizzato:
- proseguire con le attività tradizionali che maggiormente hanno connotato la Security dagli Anni ‘50 fino ai nostri giorni, ovverosia la vigilanza (più propriamente detta sicurezza privata) e poco più;
- compiere un salto percepito come quantico, che poi così quantico non è, occupandosi delle “nuove” attività nel rispetto del perimetro normato e restituire una famiglia a quelle attività orfane da sempre date in affidamento ad altre Funzioni aziendali erroneamente considerate competenti in materia o organizzativamente affini.
Il professionista della sicurezza certificato tra il 1995 e il 2010 (anno del “Decreto Maroni”), quando cioè la certificazione costituiva atto coraggioso e lungimirante di adesione volontaria a uno schema ignorato addirittura dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, ha certamente avuto il tempo necessario per cercare di diffondere la cultura della “nuova” Security all’interno dell’azienda in cui opera, sensibilizzando Vertice e resto del Management. Egli rappresenta la memoria storica dell’evoluzione professionale, ne ricorda le cause, i passaggi, gli sforzi, le trasformazioni. Le leve più giovani, quelle certificatesi post 2010, ancorché valenti, partendo da queste conquiste danno per scontato che anche il mondo circostante parta dallo stesso punto. Non è così. Nulla di più fuorviante. L’azienda, quasi all’oscuro dell’evoluzione che ha riguardato la Security, avverte ancora oggi la necessità di capire benefici e ritorni economici. Nella migliore delle ipotesi le può solo intuire. Il Security Manager o l’aspirante tale ha, pertanto, il dovere di esprimersi in termini e, soprattutto, numeri intelligibili al business.
La visione secondo cui la sicurezza costituisce rendita di posizione va completamente rovesciata in posizione capace di generare rendita per l’azienda. Chi si ostina a non comprendere lo spirito che ha comportato il radicale cambio di paradigma imposto dalla Norma, si colloca fuori mercato.
Cristhian Re
Security Manager con oltre venti anni di esperienza maturata nell’industria della difesa, dell’energia, delle multiutilities, della siderurgia e dei semi conduttori. Laureato in Scienze Politiche e in Lettere, Master of Arts in Intelligence and Security. In ambito professionale è certificato CBCI, PFSO, Lead Auditor ISO 9001, 37001, 22301, 27001, 20000-1. Articolista e membro del Business Continuity Institute Italy Chapter, del Comitato Scientifico della rivista S News e del Centro Interistituzionale di Studi e Alta Formazione in materia di Ambiente (CISAFA). Autore de “La misurazione della sicurezza” – (Ed. Bit.Book) e di “Introduzione all’analisi dei rischi” (Ed. Edisef). Ufficiale in congedo dell’Arma dei Carabinieri.