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La strada del successo lavorativo: coltivare le emozioni

Ben-Essere al Lavoro successo lavorativo emozioni

Ormai (si spera!) sembra superata l’immagine del lavoratore “freddo”, che svolge al meglio i suoi compiti se si comporta come un robot senza emozioni. Tuttavia non è così semplice, nella concretezza del lavoro quotidiano, capire come e quali emozioni siano davvero utili. È esperienza comune che alcune emozioni ostacolino i processi cognitivi (comprendere le situazioni, prendere decisioni, agire razionalmente,…), ma non è sempre così. Gli studi sul cervello umano, svolti negli ultimi decenni dai neuroscienziati interessati a capire come si apprende con successo qualcosa e come si riesca ad applicare ciò si è appreso in diversi contesti, possono aiutarci a far luce sulla questione.

In sintesi, emergono due aspetti fondamentali, a mio parere, non solo in contesti di puro apprendimento (come la scuola), ma anche in ambito lavorativo:

  • cognizione ed emozione non possono essere separati, perché le emozioni (non tutte, ma poi specificheremo quali) guidano con successo verso le strade più giuste nel risolvere un problema, nel decidere, nell’analizzare e così via;
  • coloro che svolgono ruoli dirigenziali sono fondamentali, perché si creino ambienti sociali di lavoro in cui emozioni e cognizioni possano davvero andare a braccetto.

L’Iowa Gambling Task

Per comprendere quali emozioni siano utili per guidare al successo lavorativo, può essere utile analizzare ciò che avviene solitamente in un contesto sperimentale, a lungo studiato nelle ricerche, denominato Iowa Gambling Task (ideato da Bechara e collaboratori nel 2005). Di fatto è un gioco d’azzardo, in cui il giocatore deve pescare delle carte da quattro mazzi. Ogni carta pescata può far vincere o perdere somme più o meno consistenti di denaro. Il giocatore non è a conoscenza del fatto che alcuni mazzi hanno probabilità di generare grosse vincite rispetto ad altri e che questi stessi mazzi possono portare a consistenti perdite occasionali, per cui a lungo termine non conviene continuare a pescare da questi.

Come fa il giocatore a soppesare i risultati dei vari mazzi e a compiere quindi, in breve tempo ed efficacemente, le scelte vincenti? Non si tratta di calcolare le probabilità (cosa che potrebbe richiedere molto tempo), anzi, la razionalità non c’entra nulla.

La risposta che i ricercatori hanno trovato è che tutto questo (che sembra un processo puramente razionale e cognitivo) avviene attraverso le emozioni, in particolare quelle che vengono definite “intuizioni emotive”, che inizialmente non sono coscienti.

In pratica il giocatore pescando dai vari mazzi, prima ancora di capire le regole sottostanti, mostra delle risposte emotive anticipatorie: per esempio, se sta per prendere una carta da un mazzo ad alto rischio di perdita, inizia ad avere le mani sudate in maniera microscopica (non ne è consapevole). Come a dire, che la parte sub-cosciente sta accumulando informazioni sui mazzi più “sicuri” e quelli più rischiosi, grazie alle risposte emotive, che progressivamente vengono accumulate come risorsa preziosa, ma ancora inconsapevole, per orientare il comportamento. Dopo aver giocato per un po’, il giocatore riesce facilmente a dire a parole, quindi coscientemente, quali sono le regole dei mazzi.

Il ruolo delle emozioni

Le emozioni hanno, perciò, funzionato come un navigatore e consentono di richiamare le conoscenze rilevanti per guidare nel tempo i comportamenti. Imparare a cogliere in sé le intuizioni emotive legate a un certo processo lavorativo, consente di arrivare più rapidamente al successo, perché insegnano come muoversi e lo fanno attraverso reazioni emotive di disappunto, eccitazione, preoccupazione e così via. Quando diciamo che “a naso” o “di pancia” prendere una strada piuttosto che un’altra non ci convince o ci sembra una buona idea, probabilmente l’intuizione emotiva ci sta guidando.

Ma non sempre queste intuizioni sono corrette, a volte perché metaforicamente non c’è stato il tempo di pescare dai vari mazzi e, quindi, di esplorare la situazione, ma il più delle volte perché le emozioni provate non sono completamente riferite a ciò che stiamo vivendo in quel contesto.

Perché i “capi” al lavoro sono così importanti?

Perché i loro feedbacks, che andranno necessariamente a coinvolgere l’emotivo dei loro collaboratori, imprimono una direzione alle intuizioni emotive. Banalmente ricevere un complimento o un incoraggiamento, piuttosto che uno sguardo di biasimo o una lavata di capo fine a sé stessa (cioè, non con l’obiettivo di far crescere chi si ha di fronte, ma per sfogarsi di qualcosa andato storto) da parte di un capo, è come pescare da un mazzo con buone probabilità di vincita (soddisfazione) o di perdita (paura). Le emozioni si connettono implicitamente e immediatamente alla conoscenza cognitiva di quell’ambito e nel futuro tutte le mosse fatte in quell’ambito saranno guidate da questo tipo di sottofondo emotivo, con le relative conseguenze.

Vivere, per esempio, la paura, anche se in modo inconsapevole, nello svolgere un determinato compito, non lascia spazio alle altre emozioni, che potrebbero essere utili per sviluppare delle buone intuizioni emotive. Se, nel caso del gioco di carte, il giocatore vive con ansia il pescare le carte, magari a causa delle ansie di un proprio superiore, come può sentire i sottili cambiamenti emotivi che gli rivelano quali sono i mazzi migliori? Ma anche se il giocatore è troppo preso da emozioni estremamente positive non relative a ciò che sta svolgendo (magari perché la sua testa è già alla gioiosa serata con gli amici), difficilmente potrà imparare qualcosa sulle regole dei mazzi. Ovvero quando le emozioni non sono suscitate da ciò che si sta facendo, ma sono indipendenti da esso, allora le emozioni sì che diventano elementi di distrazione e fanno fallire l’intuizione emotiva!

In effetti le ricerche mostrano che in questi casi, in cui le emozioni non sono generate direttamente dal gioco, il giocatore non riesce a capire le regole sottostanti dei vari mazzi. Non è efficace rimuovere le emozioni del tutto (come mostrano bene i pazienti con danni neurologici, che non avendo emozioni, non riescono a prendere buone decisioni o a trovare le strade migliori per il successo), così come non lo è vivere emozioni irrilevanti rispetto a ciò che si sta svolgendo. Si tratta allora di coltivare contesti lavorativi dove le emozioni siano rilevanti rispetto al lavoro. Ed è importante dar spazio a queste emozioni, per consentire l’integrazione efficace di emozioni e cognizioni.

Giulia Cavalli, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista e docente all’Università Cattolica di Milano, è curatrice della rubrica Ben-Essere al lavoro, ed è parte del Comitato Scientifico di S News.

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