Una metodologia… “Chiave”. KPI e livelli di criticità
Un caro amico del settore, che sa della mia sfrenata passione per la traduzione della realtà in numeri, mi ha recentemente posto questa domanda: “Ritieni sia possibile assegnare, in maniera quanto più oggettiva, un livello di criticità a delle attività interne ad una Funzione aziendale e individuare, al contempo, un sistema che permetta di monitorare e controllare l'andamento di tali attività attraverso degli indicatori chiave di performance?”
Beh, non c’è che dire, proprio una gran bella e articolata domanda! Di quelle che ti fanno perdere il sonno.
Alcuni giorni di riflessione e, improvvisamente, un paio di lampadine si sono accese.
Procediamo con ordine partendo dalla coda, ovvero dalla prima delle due lampadine accesesi, illustrando il modello metodologico nel frattempo elaborato.
Come noto, attività e compiti sono gli elementi costitutivi di un processo aziendale che trasformano gli input in output:
Le singole attività possono essere aggregate in base agli obiettivi e alle finalità in “macro-attività” che definiremo, per nostra comodità, “Progetti” (Progetto 1, Progetto 2, Progetto n). Gli obiettivi caratterizzanti ciascun Progetto, dovranno essere scomposti e trasformati in “Azioni” da compiere (Azione 1, Azione 2, Azione n). Avremo, quindi, una mappa in cui ogni Progetto farà ovviamente capo a un “Soggetto” della Funzione (Soggetto 1, Soggetto 2, Soggetto n).
Si procederà, successivamente, all'attribuzione di un peso alle quattro principali “Categorie” di indicatori noti anche in letteratura (generali, di qualità, di costo e di servizio), alla loro suddivisione in “Indicatori di categoria” (KPI 1, KPI 2, KPI n) e, infine, all'assegnazione di un peso a ciascun KPI di categoria.
Le quattro categorie di indicatori, così declinate, misureranno il volume del lavoro del processo, ne valuteranno la qualità dell'output, i relativi costi e i tempi di risposta, a partire dal suo avvio fino alla sua conclusione.
In tal modo, qualsiasi elaborazione futura dei dati beneficerà di un sistema equilibrato di pesi e contrappesi, poiché opportunamente tarato e attagliato alle proprie esigenze, come un abito sartoriale.
Dall'intersezione di tutte le azioni identificate con i vari KPI scaturiranno delle entità di calcolo convenzionalmente definite: Pt (pertinenze funzionali) e A (livello di adeguatezza).
Tali entità di calcolo saranno essenziali per elaborare indici di copertura per ogni singola azione-performance (IC) e medie ponderate di categoria. I dati elaborati consentiranno al responsabile di Funzione di avere costantemente il polso della situazione e intervenire laddove necessario.
Definita questa prima parte, la seconda lampadina ha illuminato il resto con singolare naturalezza. L’analisi sin qui svolta, cioè di esaminare partitamente, scomporre il tutto nei suoi elementi costitutivi, ha facilitato il più arduo compito di individuazione di una modalità di assegnazione del livello di criticità delle macro-attività (ovvero Progetti) interne ad una Funzione aziendale, facendo ricorso a due distinte grandezze: la criticità specifica (Cs) e la criticità funzionale (Cf), espresse secondo una scala di valori da 1 a 5.
Il parametro Cs indica il grado di contribuzione del Progetto alla Mission della Funzione; il parametro Cf il suo apporto in termini di valore ai processi aziendali.
È stato poi introdotto un terzo imprescindibile elemento: il fattore tempo (Ft) espresso all’interno di un range compreso tra 0,33 a 1.
Pertanto, il livello di criticità (LC) sarà il risultato del prodotto di Cs*Cf*Ft. Saranno quindi fissate delle soglie che ne determineranno anche il valore “qualitativo” mediante la rappresentazione grafica di un dashboard:
di Cristhian Re