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Assiv, Pergolizzi: perché le Guardie Giurate Antipirateria Italiane non possono operare come quelle Estere?

Assiv

S News incontra Vincenzo Pergolizzi, Amministratore Delegato della Metro Security Express S.r.l, società che opera dal 1979 nell’ambito della Vigilanza Privata.

Senior Security Manager certificato UNI 10459-2017, Pergolizzi è delegato Assiv per il settore dell’antipirateria marittima.

Signor  Pergolizzi, perché si torna a parlare di antipirateria marittima?
Effettivamente, dopo un periodo di stasi protrattosi per oltre 2 anni, si torna a parlare del tema poiché il 15 giugno scorso l’Assiv è stata convocata al Ministero degli Interni, insieme alle altre associazioni di categoria interessate alla materia, fra le quali Confitarma ed Assarmatori, rappresentanti dell’armamento italiano, ad una riunione nella quale il Prefetto Giovanni Migliorelli ha illustrato i contenuti della bozza del Decreto Ministeriale di prossima promulgazione recante la disciplina sostitutiva delle disposizioni del D.M. 28 dicembre 2012, n.266, in materia di impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana in servizio antipirateria.

Perché parla di stasi protrattasi oltre 2 anni?
Su questo punto, per rendere meglio l’idea a prescindere dai termini usati, mi consenta di fare un breve riepilogo di come il nostro Paese ha affrontato il tema del contrasto alla pirateria marittima nel corso di questi anni.

La moderna Pirateria nasce dalla crisi Somala che è andata a peggiorare nel corso degli anni: dalla caduta del Presidente Siad Barre nel 1991 all’avvento delle corti islamiche, ed alla successiva tragedia umanitaria vissuta dal popolo somalo con oltre 260 mila morti. La somma di questi fattori ha dato un forte impulso al fenomeno pirateria, che si è manifestato dal 2003 in termini sempre più virulenti, arrivando al sequestro a scopo di estorsione di molte navi con relativo carico ed equipaggio.

Si è trattato di un fatto che ha colpito le navi di tutte le bandiere, tanto è vero che, al di là delle azioni militari di contrasto, le singole nazioni si sono organizzate al fine di garantire a bordo delle navi personale civile armato, ovvero i “contractors”, in grado di garantire la sicurezza.

Orbene l’Italia, da buona ultima, solo nel 2011, con il DL 107/2011, che ha introdotto “il sistema di protezione duale”, ha permesso agli armatori di proteggere navi ed equipaggi attraverso l’impiego dei Fucilieri di Marina italiani ed, in subordine, in caso della loro indisponibilità, di Guardie Giurate private, con decreto antipirateria.

Di fatto però gli Istituti di Vigilanza autorizzati hanno potuto iniziare ad effettuare questa tipologia di servizi solo dal novembre 2013, dopo la pubblicazione da parte del Capo della Polizia della Circolare Attuativa del DM 266/2013.

Se quindi il DM 266/2013 rappresenta il “faro” nel cui cono di luce gli Operatori del settore devono operare, sin da subito le norme in esso contenute hanno dimostrato dei limiti, anche in relazione all’oggettiva mancanza di esperienza che si aveva nel momento in cui è entrato in vigore. Mi riferisco a limiti di natura procedurale, organizzativa e di mercato, che rendono difficile l’erogazione dei servizi.

Ci può spiegare meglio in cosa consistono tali “limiti”?
Ci troviamo di fronte ad un sistema procedurale che richiede agli Istituti di Vigilanza innanzitutto la Licenza “lettera A” per i servizi specifici di antipirateria ed, a seguire, sulla base della delega dell’Armatore per l’utilizzo delle armi, l’autorizzazione ex art. 31 TULPS con validità 3 anni, rilasciata dalla Questura di competenza dove ha sede la Compagnia di Navigazione.

Per ogni singolo viaggio è necessario ottenere altresì il rilascio del “diniego” della Marina Militare, in ragione del sistema duale in precedenza citato, anche se ormai dal febbraio del 2015 i Nuclei di Protezione Militare hanno interrotto le operazioni. A seguire, occorre richiedere la vidimazione del registro delle armi ed il rilascio delle “presa d’atto”, sempre al Questore di competenza dove ha sede la Compagnia di Navigazione, ottenuta la quale si deve richiedere l’”autorizzazione all’imbarco” rilasciata dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto.

Occorre quindi fare i conti con la distanza delle sedi delle singole Questure competenti per territorio, e con il tempo necessario affinché tale iter autorizzativo si concluda. Iter che comporta peraltro il movimento di una notevole massa di documenti, ai quali, nel rispetto della normativa vigente, vanno applicati i diritti di bollo. Si consideri a proposito che a Malta, ad esempio, la stessa autorizzazione viene rilasciata entro poche ore previa una semplice comunicazione a mezzo fax o e-mail, che il Responsabile della Compagnia di Navigazione invia alle competenti Autorità.

L’emanazione di questo Decreto è comunque da considerare come un fatto positivo ed occorre riconoscere che, nonostante tutte queste difficoltà, il sistema in questi anni ha tenuto, grazie anche al senso di responsabilità ed alla grande disponibilità offertaci dai dipendenti delle singole Questure e dal personale del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, che in alcuni casi hanno garantito il loro supporto anche al di là dei normali orari di lavoro.

Parlava anche di limiti organizzativi e di mercato, a cosa si riferisce?
In termini organizzativi la procedura autorizzativa suddetta comporta oggettivamente dei tempi troppo lunghi rispetto alle reali esigenze della nave, che opera su un mercato altamente competitivo, dove il fattore tempo in alcuni casi può essere determinante per ottenere il carico.

Occorre altresì considerare i limiti imposti al numero delle armi autorizzate impiegabili, max 6 su un team di 4 operatori, numero che non permette di avere un’adeguata riserva e non garantisce la possibilità della necessaria movimentazione dei “kit equipaggiamento” da un deposito all’altro. In ultimo, ma non ultimo per importanza, un limite di mercato è dato dall’obbligo di impiego minimo di 4 operatori, quando tutti gli Armatori stranieri, in forza dei regolamento emanati dall’International Maritime Organization, sono autorizzati ad imbarcare 3 operatori.

A tutto questo occorre in più aggiungere un ulteriore elemento di difficoltà, dato dall’obbligo della partecipazione ai corsi per il personale impiegato, che in ottemperanza al DM 154/99, deve effettuare un ciclo di formazione diviso in tre fasi: la 1° erogata dall’istituto di Vigilanza; la 2° dalla Capitaneria di Porto e la 3° dalla Marina Militare.

A tale proposito abbiamo avuto modo di accertare, dall’unico bando pubblicato nel maggio del 2016 dalla Marina e dalla Capitaneria, la reale impossibilità di far effettuare questi corsi agli aspiranti Guardie Giurate antipirateria, in quanto veniva prospettato l’accesso alle scuole, le cui sedi sono rispettivamente a Brindisi e a La Spezia, solo a personale già in possesso di decreto di Guardia Giurate e quindi dipendenti dall’istituto.

Se si considera che tali corsi rappresentano un pre-requisito per accedere alla qualifica, che il personale antipirateria in considerazione della indeterminazione di impiego viene assunto con contratti a chiamata e che i costi di istruzione, vitto ed alloggio fuori sede risultano particolarmente esosi, ben si capisce perché tali corsi siano andati deserti. 

Ma allora, in mancanza di questi corsi, come avete reclutato fino ad oggi le guardie giurate antipirateria?
Attualmente stiamo operando in regime di deroga ai sensi dell’art. 5, comma 5 del DL 10/2011 e s.m.i. in quanto, nelle more della definizione dei corsi suddetti, si stanno impiegando ex appartenenti alle forze armate che abbiano effettuato almeno 6 mesi di missioni all’estero in ruoli operativi.

In particolare, il personale impiegato dalla Metro Security Express proviene principalmente dai reparti speciale dell’Esercito, dei Carabinieri e della Marina e consegue il certificato STCW95, riferito alle procedure di safety in ambiente marino.

Consideri, a proposito, che sebbene questo certificato non sia espressamente richiesto dalla normativa, è tuttavia un elemento fondamentale per la sicurezza del personale ed è necessario per ottenere il “seaman-book”, una sorta di passaporto speciale per i marittimi, richiesto da tutte le Autorità dei porti esteri in cui operiamo.

Tornando al mercato, ci sta quindi dicendo che gli Istituti di Vigilanza italiani non sono competitivi sul mercato internazionale. È così? 
Sì, è esattamente così. Posto che siamo obbligati ad imbarcare 4 guardie giurate regolarmente assunte, di fatto il nostro servizio costa mediamente il 50% in più  rispetto a quanto paga lo stesso Armatore sulle navi battenti una qualsiasi bandiera straniera.

Consideri che le Compagnie di Sicurezza estere, oltre ad impiegare 3 Operatori, si avvalgono di “contractors” non dipendenti e quindi non soggetti a contributi. Personale che in alcuni casi proviene dall’India o dallo Sri Lanka, con paghe mensili assolutamente irrisorie. Di contro possiamo però affermare che il servizio reso dagli operatori italiani è riconosciuto come altamente qualificato e molto apprezzato, soprattutto dai singoli Comandanti, che rappresentano in assoluto la “voce” più qualificata, in quanto sono coloro che per tutto il periodo di imbarco sono a stretto contatto con il team di sicurezza. 

Dopo questa interessante prolusione, sicuramente chiarificatrice, torniamo cortesemente al punto di partenza, ovvero alla riunione tenutasi al Viminale il 15 giugno. Quale il ruolo di Assiv in tutto questo?
Per le ragioni fin qui rappresentate l’ASSIV ha assunto da subito un ruolo importante, insieme a Confitarma, nel sollecitare una serie di emendamenti al Decreto in questione ed in tal senso abbiamo partecipato, insieme al Presidente Maria Cristina Urbano, a due tavoli tecnici tenutisi nel maggio del 2015 e nel marzo del 2016 presso l’Ufficio per gli affari della Polizia Amministrativa e Sociale, coordinati dal Prefetto Castrese De Rosa, nei quali erano presenti rappresentanti delle associazioni di categoria, della Marina Militare, della Capitaneria di Porto e del Ministero degli Interni.

A seguito di questi due incontri, nel maggio del 2016, ci è stata presentata una bozza del nuovo Decreto, nella quale, con viva soddisfazione, abbiamo constatato che quasi tutte le istanze rappresentate dall’ASSIV sono state recepite. Orbene, l’atto successivo dopo la presentazione di questa bozza è stato la convocazione di quest’utima riunione tenutasi al Viminale, nella quale il Prefetto Migliorelli ha ripercorso i punti salienti della bozza definitiva del DM, che sarà presentato al Consiglio di Stato.

È qui che mi riallaccio alla “stasi” a cui facevo riferimento all’inizio. Penso infatti che l’iter che ci ha portato a questo punto sia stato oggettivamente troppo lento e, soprattutto, non in linea con un moderno sistema economico che trova nella flessibilità, intesa come capacità di rinnovarsi in relazione alle esigenze del mercato, uno degli elementi qualificanti per il successo dell’azione imprenditoriale.

Adesso però ci siamo. Quali sono quindi le novità di maggior rilevo che sono state rappresentate?
In estrema sintesi posso dire che: risultano semplificate e snellite le procedure autorizzative e non sarà più necessaria la vidimazione del registro delle armi; il numero minimo degli operatori passa da 4 a 3 e potranno avere in dotazione un’arma lunga, più una di riserva; il regime di deroga per l’effettuazione dei corsi di formazione terminerà il 31 dicembre 2018: entro tale periodo le GPG che hanno effettuato attività operativa a bordo delle navi, per minimo 90 giorni, potranno accedere direttamente agli esami di certificazione che si terranno presso le commissioni istituite dalle Prefetture

In conclusione, Signor Pergolizzi, qual è il suo giudizio sul risultato complessivamente ottenuto?
Innanzitutto, al di là del tempo trascorso, dobbiamo doverosamente ringraziare il Ministero degli Interni per aver accolto quasi tutte le istanze da noi rappresentate e per questo il giudizio non può che essere positivo e di soddisfazione.

Resta un’unica nota dolente che, purtroppo, crea un problema che allo stato resta di difficile soluzione. Mi riferisco all’impiego del personale già in possesso della qualifica di Guardia Giurata antipirateria ed al personale di nuovo impiego che dovrà essere avviato comunque ai corsi di formazione, di cui parlavo in precedenza.

Per quanto riguarda infatti il personale attualmente operante, ritengo che gli Istituti di Vigilanza italiani abbiamo dimostrato “per facta” la professionalità e la serietà con la quale hanno selezionato i propri dipendenti, visti gli ottimi risultati ottenuti in 4 anni di attività. In sede di riunione abbiamo fatto presente, sostenuti anche da Confitarma, che una moratoria, che permetta a tutte le Guardie Giurate già decretate di poter continuare a svolgere il loro servizio senza ulteriori oneri, è più che giustificata dall’analisi di due precisi indicatori: il fatto che non ci sia stato alcun incidente, aggiunto alla soddisfazione manifestata dal mondo dell’armamento che compattamente ci ha dato atto della qualità del servizio fino ad oggi erogato.

Abbiamo altresì evidenziato, come sia incongruente il fatto che non si possa continuare ad usufruire di personale con provata capacità tecnico-operativa acquisita durante un periodo di minimo 3 anni sotto le Forze Armate, senza dover essere costretti ad avviarlo ai corsi di formazione, con conseguente perdita di tempo ed ingente aggravio economico. Del resto, non è certo logico mettere sullo stesso piano chi ha una professionalità acquisita con la formazione durata anni in aula e sul campo, con coloro che, senza alcuna esperienza operativa, dopo aver partecipato ad un ciclo di studi di sole 3 settimane, grazie anche ad un livello culturale superiore, potranno superare brillantemente un esame. 

È per questo motivo che il giudizio complessivamente positivo di cui parlavo, lascia un’ombra derivante proprio da un fattore di primaria importanza, quale quello della selezione del personale.

In estrema sintesi qual è allora la posizione di ASSIV?
Chiediamo al Ministero di effettuare una più attenta riflessione sull’aspetto della formazione. L’attuale contesto socio politico delle aree a rischio pirateria, evidenzia il fatto che il mercato è in forte calo a causa della diminuita minaccia rappresentata dai pirati, grazie anche alle azioni poste in campo dalla comunità internazionale.

Per questo, in considerazione del limitato impiego a cui sono soggette le Guardie Giurate, riteniamo sia necessario adottare nella fase di decretazione un canale privilegiato per gli ex militari qualificati con esperienza operativa all’estero, fermo restando gli obblighi formativi per tutti gli altri, che volessero intraprendere l’attività di Guardia Giurata antipirateria. Si tratterebbe inoltre di dare una qualificata opportunità di impiego a questi professionisti, che una volta congedati, hanno l’esigenza di rientrare nella “società civile” con un lavoro adeguato alle capacità acquisite, così come succede all’estero.

A tale proposito ritengo che, in generale, nell’affrontare l’argomento della sicurezza all’estero, occorre che Operatori ed Istituzioni escano da una logica nazionale. L’attività di antipirateria va infatti vista in una più ampia ottica internazionale, in mancanza della quale si corre il rischio, quanto mai reale, che i servizi svolti dagli Istituti di Vigilanza a supporto delle navi italiane possano cessare. Questo perché, anche per i motivi a cui facevo riferimento prima, le nostre Società non possono risultare competitive con le Aziende estere.

Mi lasci a tale proposito effettuare un’ultima considerazione: qualora non ci fossero (come è possibile che non ci siano) Aziende italiane che giudichino produttivo adeguarsi alle disposizioni normative riferite alla formazione, l’unica alternativa praticabile per le Autorità italiane, se non si vogliono lasciare le navi italiane uniche in un contesto internazionale senza protezione, sarebbe quella di autorizzare le Società straniere alle quali, giocoforza, non si potrebbero richiedere uguali garanzie.

E allora mi chiedo, e chiedo alle Istituzioni: a chi giova questa bulimia legislativa? Deve apparire allora evidente a tutti i players del settore che il realizzarsi di tale malaugurata ipotesi, nonostante i successi ottenuti e le capacità operative dimostrate, sarebbe certamente un’opportunità persa ed un ulteriore insuccesso non soltanto per il nostro comparto ma, più in generale, per  tutto il nostro “Sistema Paese”.

a cura di Monica Bertolo


Chi è Vincenzo Pergolizzi?

Vincenzo Pergolizzi è l’Amministratore Delegato della Metro Security Express s.r.l  (MSE), società che opera dal 1979 nell’ambito della vigilanza privata. Prima fra gli Istituti di Vigilanza italiani, la MSE nel 2013 ha ottenuto l’estensione di licenza per effettuare servizi di antipirateria marittima a bordo di navi battenti bandiera italiana che transitano nelle aree a rischio e ad oggi ha effettuato più di 200 transiti nella HRA.

Pergolizzi, nato a Roma, dopo un’esperienza come Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri nel reparto paracadutisti, nel 1980 è entrato nel settore della sicurezza. Dirigente dal 1988, di estrazione commerciale, nel corso degli anni è passato nell’area “controllo e gestione”, ricoprendo incarichi di sempre maggiore responsabilità in aziende tecniche, in società di portierato professionale/reception ed in Istituti di Vigilanza Privata.

Ha la qualifica di Senior Security Manager certificato UNI 10459-2017 ed è delegato Assiv per il settore dell’antipirateria marittima.
 

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