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Cyberwarfare and Trends Report 2022-2023: la prospettiva italiana

Prospettiva italiana Cyberwarfare and Trends Report 2022-2023

Quale la prospettiva italiana all’interno della ricerca Armis State of Cyberwarfare and Trends Report 2022-2023 recentemente presentata, che mostra la percezione della guerra informatica da parte dei professionisti IT e responsabili della sicurezza?

Con riferimento alle aziende italiane, il 61% degli intervistati ha affermato di aver riscontrato un attacco informatico alla propria organizzazione. In generale, l’Italia mostra attualmente una discreta attenzione alla cybersecurity, con oltre l’85% degli intervistati che dichiara che la propria organizzazione dispone di misure per rispondere alle minacce informatiche, anche se ci sono molte aree ancora da migliorare.

Cyberwarfare, la prospettiva italiana: le preoccupazioni differiscono dalla realtà rispetto al contesto geopolitico. L’analisi e i dati di Armis

Rispetto al resto del mondo, l’Italia è mediamente meno preoccupata dell’impatto della guerra informatica sulle infrastrutture critiche dell’azienda e sui suoi servizi. Quando chiesta l’opinione sull’affermazione “La mia azienda considera il cyber come un rischio strategico per l’organizzazione”, il 29% degli intervistati italiani si è trovato fortemente d’accordo, un dato che risalta, paragonato al 44% degli intervistati a livello globale. È necessario porre maggiore enfasi sui rischi associati a un evento di questa portata per stimolare la consapevolezza dei professionisti della sicurezza.

La ricerca ha toccato anche il tema della fiducia nel Governo per quanto riguarda la difesa di fronte a un cyberattacco, che ha mostrato risultati interessanti. A livello globale, il 33,5% si sente molto fiducioso dell’impegno delle organizzazioni governative, mentre in Italia solo il 18% degli intervistati ha la stessa fiducia.

Il Data Protection Framework italiano e Cybersicurezza: la conformità alle direttive italiane

L’Italia ha redatto il Framework Nazionale per la Cybersecurity e la Data Protection, un benchmark adottato da diverse tipologie di organizzazioni come strumento per coordinare la propria strategia di difesa contro le minacce cyber. Nonostante ciò, oltre 2 aziende su 5 (41%) dichiarano di non aver intrapreso azioni per essere conformi al nuovo quadro normativo, e solo il 7% delle organizzazioni in area governativa dichiara di avere un piano conforme.

Il settore più proattivo è quello finanziario e bancario, con il 33% degli intervistati che dichiara di aver implementato un piano pienamente conforme. In generale, la preoccupazione è debole nelle organizzazioni appartenenti ai settori OT e retail, dato che la percentuale di entità che non hanno ancora implementato un piano, o che stanno pianificando di farlo, è rispettivamente del 25% e del 21%.

“Questo dato – sottolineano da Armis – è forse ancora più preoccupante se si considera che oltre 4 professionisti IT su 5 (84%) intervistati concordano sul fatto che la loro organizzazione detiene dati sensibili, che ci sono regolamenti da seguire e che vogliono ridurre al minimo qualsiasi effetto negativo di un evento di sicurezza. La protezione dei dati è un imperativo per tutti i Paesi dell’UE e, sebbene la consapevolezza della sua importanza sia evidente, sembra esserci uno scostamento con l’effettiva conformità alle norme”. 

La priorità: rafforzare le proprie misure di sicurezza

“Le organizzazioni italiane stanno migliorando il loro approccio alle minacce informatiche, ma ci sono ancora diverse misure da adottare. L’attenzione principale è rivolta alla protezione dei dati, al rilevamento delle intrusioni e alla gestione dell’identità e degli accessi, che gli intervistati hanno indicato come le loro priorità principali, mentre la prevenzione di possibili attacchi alla catena di fornitura e il monitoraggio dei macchinari appaiono secondari”.

Le prospettive future sembrano essere rassicuranti e incoraggianti, in quanto il campione di intervistati prevede maggiori investimenti da parte delle proprie organizzazioni in misure di cybersecurity rilevanti. Gli intervistati prevedono investimenti in formazione sulla cybersecurity immediatamente (35%) o entro sei mesi (31%); in nuovi fornitori il 21% immediatamente e il 33% entro sei mesi; e in risorse per la gestione delle vulnerabilità il 40% immediatamente e il 29% entro sei mesi.

“Dai risultati di questo studio emerge chiaramente – conclude Nicola Altavilla, Country Manager Italy & Mediterranean Area di Armis – che le organizzazioni italiane non condividono le preoccupazioni della maggior parte degli altri Paesi riguardo alla minaccia della guerra informatica e hanno ancora molta strada da fare per quanto riguarda la compliance. Entrambi questi problemi possono essere affrontati con una maggiore visibilità degli assets, la gestione delle vulnerabilità e la valutazione continua dei rischi”.

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