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“La maestra e la camorrista” di Federico Fubini. Recensione di Cristhian Re, S News

“Bisogna sperare di incorrere nell’incidente statistico”
[Francesco D’Agostino]

Per quasi un paio di decenni ho pensato alle parole di Francesco D’Agostino come a un motto iperbolicamente consolatorio da ripetere a se stessi nei momenti segnati dalla sconfitta o dall’insuccesso. Un modo più intelligente di altri, se vogliamo, per non attribuirsi la responsabilità di un fallimento nonostante l'impegno profuso. Quel motto sortisce ancora oggi un effetto taumaturgico. Da lì ogni volta si riparte: più forti di prima, ma frusti nelle attese, negli altri, nel futuro.

Federico Fubini, l’autore dell’impietoso e inesorabile saggio La maestra e la camorrista, di recentissima pubblicazione, parla invece di “assurdità statistica”, ma il concetto è lo stesso. Fubini usa quella locuzione quando racconta la storia di Luigi Pistaferri, professore di ruolo a Stanford. Solo uno ogni 4 milioni di italiani insegna economia a quel livello. E tra quelli nati da un padre con la terza elementare, rimane a priori un esemplare praticamente impossibile: un’assurdità statistica, appunto.

I Pistaferri ci spingono certamente a essere persone migliori, ma non ci aiutano a sovvertire un ordine immobile da secoli.

L’incipit è dirompente. Guglielmo Barone e Sauro Mocetti… chi erano costoro? – direbbe forse Don Abbondio se oggi fosse tra noi. Sono due ricercatori della Banca d'Italia che hanno seguito un'idea di una semplicità disarmante: confrontare il primo catasto della Repubblica di Firenze (1427) con i registri dei redditi di Firenze nell'ultimo anno d'imposta. Tre dei primi cinque contribuenti di Firenze, oggi appartengono a famiglie che 600 anni fa facevano parte del 7% della popolazione più ricco per reddito e del 15% per il patrimonio. Sono rimasti dov'erano per venti generazioni!

Sintetizza meravigliosamente Fubini: “Se Firenze dice qualcosa del Paese, allora vuol dire che in Italia solo una cosa è più difficile di salire in alto venendo dal basso: cadere in basso quando si è nati in alto”.
Il patrimonio di ieri è diventato capacità di produrre reddito di oggi. E quando l'ascensore sociale si congela in una glaciazione semipermanente, le persone smettono di crederci. Smettono di credere agli altri. Non ci si fida più e si finisce per convincersi che la vita sia un gioco a somma zero.

Allora sembra saggio dedicarsi a proteggere la propria cinta muraria, mantenere piccola e ben circoscritta la propria azienda, non intraprendere oltre, non aprire il capitale ad altri, né cooptare da fuori managers bravi, esperti e indipendenti per gestire meglio gli affari.

Terminata la dirompente introduzione, Fubini inizia la ricerca delle cause di questo immobilismo e le trova in quello che James Heckman, premio Nobel per l’economia, definisce il “bagno somato-sensoriale”. Il solco – che col passare degli anni si trasforma in un divario incolmabile – si scava intorno ai primi tre-quattro anni di vita. Avvia così una serie di osservazioni e sperimentazioni che, da rigoroso scienziato, lo portano per un paio di anni in varie scuole d’Italia (da Milano a Mondragone, da Pavia a Napoli passando per Padova e la metropolitana di Roma) e a confermare l’ipotesi di partenza. Scopriamo, infatti, che le capacità umane si moltiplicano proprio come le cellule. Per questo è essenziale partire da un patrimonio biologico ricco. Dai genitori ereditiamo qualcosa di più di una raccomandazione, un mestiere o degli averi: lo stato mentale che permette ai “fortunati” (cioè quelli nati dalla parte giusta) di perpetuare l’aristocrazia del denaro eternando così l'italica società dinastica.

Fubini non ci lascia ovviamente senza soluzioni. Ne propone addirittura nove, ma arrivano, ahimè, dopo 129 pagine nere come la pece e amare come il fiele. Ammetto da lettore obiettivo che apre nuovi orizzonti infondendo un filo di speranza, ma è quella speranza che può nutrire una persona brutalmente torturata, costretta per ore dall'applicazione di divaricatori oculari alla visione forzata di ogni genere di nefandezza, in perfetto stile Arancia meccanica.

Il libro aiuta soprattutto chi lavora in azienda a capire meglio alcune inspiegabili dinamiche interne e, alla fine, a fare pace con se stessi. O incorriamo nell'incidente statistico rappresentando quell'assurdità di cui parla Fubini, o ci conviene cedere subito alla rassegnazione. Perché mai lottare quando lo scarto tra noi e i “fortunati” è già ampio a 4 anni di età? Come ricordava sempre mio nonno, umile mezzadro marchigiano, ci sarà un momento in cui uno stallone purosangue e un ciuchino riusciranno a percorrere le stesse distanze con gli stessi tempi, appena nati persino ad assomigliarsi. Crescendo, però, lo stallone sarà un vero cavallo e il povero ciuchino una bestia da soma.  

di Cristhian Re

Cristhian Re
 

ARCIPELAGO LIBRI
Arcipelago libri è una speciale rubrica a cura di Cristhian Re, nata nel 2016 per parlare di libri. Uno spazio, forse “più grande di altri” (di qui appunto il titolo Arcipelago), dedicato all’approfondimento letterario di settore. Un momento destinato non solo alla riflessione culturale ma soprattutto alla condivisione di taluni concetti e tematiche con i lettori di S News.


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