Home » News » Attualità

Il valore della persona nel programmare la crescita

Il valore della persona nel programmare la crescita

La rubrica di approfondimento I VENERDI' DI S NEWS, propone oggi l'intervento integrale del Presidente ANIE Claudio Andrea Gemme, all'Assemblea Annuale ANIE Confindustria, tenutasi lunedì scorso, 1 luglio a Milano, presso il Centro Congressi Fondazione Cariplo.

E' una relazione ricca di dati, trends, analisi. Un excursus sull'andamento del nostro settore, per capire il presente in modo anche “duro e crudo”, come lo stesso Gemme afferma.
Fine di tale studio, che parte dal passato e analizza il presente, è comunque quello di dare risposte, di trovare soluzioni, in modo oggettivo, basandosi su numeri e dati, ma anche con un grande slancio di entusiasmo e di positività che derivano da quella concretezza tipica dell'impresa italiana sana, che non molla, ma combatte, perchè crede in quello che sta facendo, crede nei suoi valori.
Ecco quindi il primo imperativo categorico : “torniamo alla manifattura”, lavoriamo sulla Ricerca & Sviluppo e valorizziamo le eccellenze.
Questo il grande patrimonio che ha fatto grande l'Italia ed il made in Italy nel mondo: il valore dell'uomo, il valore del lavoro, l'inventiva, la qualità, il coraggio.

Noi di S News ci crediamo. Lo abbiamo sempre detto. E con ” Noi ci crediamo” conclude anche Claudio Andrea Gemme.

di Monica Bertolo


Assemblea ANIE 2013
Relazione del Presidente Claudio Andrea Gemme

Autorità, colleghi, amici,
un cordiale benvenuto a tutti.

Il 1 luglio è una data importante.
Il 1 luglio del 1457 a Milano, Francesco Sforza firmava un decreto con il quale dava avvio ai lavori di costruzione del Naviglio Martesana. Un folto gruppo di ingegneri ducali fu incaricato di reclutare le maestranze, procurare i materiali e dirigere i lavori. Una volta realizzata l’opera, iniziò per Milano una fiorente attività: a Milano giungevano derrate alimentari fresche e materiali da costruzione e dalla città partivano filati e stoffe e i manufatti delle numerose botteghe artigiane. Oggi il naviglio, dopo aver beneficiato nel 2010 di un programma di recupero dei canali navigabili storici della Commissione Europea, spera di trovare finanziamenti in vista di Expo 2015.

Il 1 luglio del 1905 nasceva la prima Rete Ferroviaria nazionale Statale italiana. Sempre il 1 luglio, nel 1931, veniva inaugurata la stazione centrale di Milano. Il 1 luglio del 1987 entrava in vigore l'Atto Unico Europeo, con l’obiettivo di completare la costruzione del mercato interno e avviare un primo embrione di Unione politica europea; percorso che trova una sua tappa ulteriore oggi, 1 luglio 2013, con l’adesione della Croazia. Ora tocca a noi. Quello che siamo oggi, quello che progettiamo oggi, è il frutto e il risultato di un percorso ben definito. È la tappa di un cammino, verso il futuro.

Con questa convinzione vogliamo dedicare la nostra assemblea al futuro dell’industria che, forte di un passato che ha permesso di realizzare grandi opere infrastrutturali e di portare innovazione nelle case e nelle fabbriche, oggi vive un drammatico presente.

Il passato
Nel passato l’industria italiana ha saputo compiere azioni straordinarie. Dal miracolo economico della fine degli anni ’50 ad oggi l’industria, quella manifatturiera in particolare, è stata a lungo il settore trainante del Paese. La voglia di lavorare degli italiani e l’orgoglio di fare cose grandi permisero dapprima di raggiungere un benessere diffuso e poi di portare il genio italiano nel mondo. Oggi sentiamo grande nostalgia di quei tempi. Cosa è successo nel frattempo? La globalizzazione che ci era stata presentata come la grande rivoluzione del futuro ha rivelato, insieme alle enormi potenzialità dell’economia diffusa, la realtà sempre più forte della concorrenza sleale e della mancanza di reciprocità nelle regole. La speculazione finanziaria ha distrutto l’economia produttiva e reso pericolante il sistema economico. Le rivoluzioni demografiche hanno messo prepotentemente sulla scena mondiale nuovi Paesi con forza lavorativa giovane e a basso costo. Negli ultimi dieci anni la dotazione infrastrutturale del Paese ha sofferto di un pesante gap che ha penalizzato ulteriormente la nostra economia. Si stima che il gap infrastrutturale rispetto alla Germania, negli ultimi dieci anni, abbia fatto perdere all'Italia 142 miliardi di Pil; 50 miliardi, invece, è la perdita di ricchezza nel solo 2010 dovuta al divario infrastrutturale esistente fra le diverse aree del nostro Paese. Note dolenti anche sul fronte delle risorse che l'Italia destina agli investimenti in infrastrutture: dal 1990 si é speso il 35% in meno, – 34% nel triennio 2009-2011 e 18 miliardi già tagliati per il triennio 2012-2014.

Quanto alle risorse comunitarie (Fondi strutturali e Fas) é utilizzato solo il 12% degli oltre 41 miliardi stanziati per il quinquennio 2007-2013. Da anni il nostro è il Paese dei no, dove basta una firma per fermare un’opera, anche se strategica. Peggio: dove il proliferare dei comitati verdi, gialli e rossi paralizza opere e impianti, anche se di interesse pubblico. Secondo i dati dell’Osservatorio Media Permanente Forum, che da anni monitora l’opposizione alla costruzione di nuove opere, in Italia le maggiori contestazioni si verificano sulle centrali di produzione elettrica a fonte rinnovabile, che essendo di dimensioni medio piccole, sono molto capillari sul territorio.

Il “debat public” francese proposto nei giorni scorsi dal Ministro dell’Ambiente Orlando potrà essere una soluzione? Se sì, avrà tutto il nostro appoggio, per far uscire il Paese dall’impasse in cui si trova.

Il presente
Non dobbiamo però smettere mai di vedere il bicchiere mezzo pieno. Lo sforzo di infrastrutturazione del Paese iniziato con il varo della Legge Obiettivo ci ha garantito nel decennio trascorso il completamento di opere significative (si pensi alle linee di Alta Velocità) e l’apertura di nuovi cantieri. Soltanto in Lombardia, grazie a Expo 2015, sono aperti cantieri per oltre 14 miliardi. Uno sforzo positivo portato avanti da tutte le forze politiche e istituzionali, sia locali che centrali in un’alleanza (come potremmo definirla?) multipartizan che, in dirittura d’arrivo, non deve assolutamente venire meno. Ci preoccupano, infatti, le notizie di problemi sui finanziamenti della piastra espositiva di Expo e su Pedemontana. Colgo l’occasione per un accorato appello affinché tutti si impegnino al massimo per superare ogni ostacolo.

Con Expo, Milano ha la possibilità di essere agli occhi del mondo un modello di smart city, un laboratorio a cielo aperto che coinvolgerà tutta l’area metropolitana e suburbana. È una sfida che non possiamo permetterci di perdere! Una opportunità economica, sociale, ambientale, in cui giocheranno un ruolo cruciale le nuove tecnologie e quella innovazione di prodotti e processi che sono nel DNA delle aziende ANIE.

Lo scenario economico dei settori ANIE
Lo scenario non è roseo e non posso esimermi dal comunicare i dati ufficiali di Federazione, purtroppo. ANIE rappresenta settori tra i più strategici e tecnologicamente avanzati dell’industria manifatturiera italiana. L’industria elettrotecnica ed elettronica – che rappresenta l’8% del fatturato aggregato del manifatturiero, il 9% delle esportazioni e l’8% dell’occupazione totale – ha chiuso il 2012 con questi numeri:

63 miliardi di euro la dimensione del fatturato aggregato (erano 71 miliardi nel 2011)
29 miliardi di euro le esportazioni (29 miliardi anche nel 2011)
425 mila gli addetti (450 mila nel 2011)

Da ormai un quinquennio lo scenario economico nazionale ed internazionale resta molto complesso, con rapidi e inattesi cambi di rotta. Se guardiamo indietro vediamo che: • nel biennio 2008-2009 c’è stata una drammatica e trasversale caduta di ordini e fatturati;

• nel 2010 è seguita una moderata ripresa trainata dall’export e dall’innovazione tecnologica di prodotto e di processo (ripresa che non ha tuttavia permesso un pieno ritorno ai livelli pre-crisi);

• nel 2011 è emerso un progressivo rallentamento della ripresa che si è tradotto nel 2012 in un nuovo avvitamento della crisi;

• i dati del primo semestre del 2013 non ci confortano: il quadro continua a peggiorare.

A fine 2012 il fatturato aggregato dei settori ANIE, includendo il segmento fotovoltaico in forte sofferenza, ha registrato un calo annuo del 12,1% che si somma al -4,2% sperimentato nel 2011. Quindi nel biennio 2011-2012 il fatturato è crollato del 16%, la produzione industriale del 15%, il portafoglio ordini del 20%. La distanza dei volumi di produzione industriale dal picco ciclico pre-crisi registrato nel 2007 resta ampia e vicina al 30%. Abbiamo toccato il livello minimo da inizio anni ’90, facendo un balzo indietro di 25 anni. Ci preoccupa il continuo calo della domanda interna che, per alcune tecnologie, è stato drammatico. E’ il caso, nell’area energia, dei trasformatori e delle stazioni di alta tensione che hanno visto nel 2012 una flessione del fatturato nazionale rispettivamente del 30% e del 15%. Guardando più in generale alle tecnologie per la generazione di energia elettrica da fonti tradizionali la caduta è stata vicina al 15%, mentre il segmento fotovoltaico ha registrato una flessione del 40%. Hanno evidenziato un calo del 20% anche i comparti cavi e componenti elettronici. La debolezza del mercato interno è strutturale (i risultati negativi di questi anni seguono ad un decennio già di bassa crescita) e non può essere compensata dall’apertura ai mercati esteri. Nell’ultimo triennio il ritmo di crescita delle esportazioni dei settori ANIE si è notevolmente ridotto, soffrendo il rallentamento della ripresa globale. Nel 2012 le esportazioni settoriali, che l’anno precedente avevano evidenziato una maggiore tenuta ( + 5,3%) hanno registrato una forte riduzione (- 0,6%).

Le strategie di espansione nei mercati extra europei più dinamici hanno arginato solo in parte l’andamento negativo dell’area europea (- 4,5%).

Il futuro
La realtà dei numeri è così, dura e cruda. Nel frattempo le aziende cosa devono fare? Cosa possono fare? La domanda fondamentale da porsi non è: quando ci sarà la ripresa? Ma: quando la ripresa ci sarà, le nostre aziende ci saranno ancora? Il nostro imperativo deve essere: arriviamo vivi alla ripresa! Abbiamo visto susseguirsi negli ultimi mesi Governi e Ministri di colori diversi. Oggi confidiamo che la sfida del Governo Letta di portare “pace politica” nel Paese, dopo anni di contrapposizione violenta, possa dare buoni frutti. Abbiamo accolto con soddisfazione il Decreto del fare, che già dal nome è di buon auspicio. Mai come oggi c’è bisogno di fare. E fare in fretta. Molte delle misure contenute nel decreto sono anche nel “Progetto di Confindustria per l’Italia”: dalle semplificazioni all’accesso al fondo di garanzia per le PMI, dal sostegno dei grandi progetti di ricerca alla riduzione degli oneri burocratici fino alle norme sulla velocizzazione della giustizia civile. Anche se, consentitemi la battuta, “tra il dire e il fare…..”. Abbiamo purtroppo visto troppi provvedimenti (ottimi nelle intenzioni) arenarsi prima ancora di divenire operativi. Non potremmo sopportare che avvenisse anche questa volta. Non c’è dichiarazione di uomo politico, osservatore, economista, opinion leader che nei suoi interventi non denunci la drammatica situazione in cui versa il nostro Paese. L’ormai stanco mantra che si consuma in ogni talk show prevede l’elencazione di tutti i dati macroeconomici in peggioramento, come se noi non li conoscessimo fin troppo bene per doverceli sentire elencare da personaggi sicuramente autorevoli, che però spesso non hanno mai lavorato una sola ora in azienda. Ore e ore di discussioni che si concludono con l’inevitabile invocazione: dobbiamo fare le riforme. Certo. Ma quali riforme? La riforma elettorale? Certamente, per dare al Paese una maggioranza stabile e sicura, in grado di governare. La riforma della Costituzione? Certamente, per superare il bicameralismo perfetto a favore di un sistema parlamentare più snello e quindi più efficace. Ma prima di tutto occorre: – fare la riforma fiscale per abbattere la pressione fiscale sulle imprese – che oggi supera il 60% – e rendere le nostre aziende più competitive; – intervenire (subito!) per ridurre il costo del lavoro. Si deve rendere totalmente dedu-cibile l’Irap, che è una tassa iniqua perché penalizza proprio le aziende che producono e danno occupazione in Italia. Poi una riforma che non è legislativa, ma di buona prassi: le aziende vanno pagate, subito! Sul tema dei pagamenti della Pubblica Amministrazione, mi associo al vigore con cui si è già espresso il Presidente Squinzi sulla assoluta inderogabilità dell’immediato pagamento dei debiti pregressi. Per un motivo etico in primis: è inconcepibile che lo Stato abbia rotto il patto di fiducia con i propri cittadini trasformandoli in meno che sudditi. Poi per una questione, non secondaria, di tipo economico. In una realtà in cui lo Stato intermedia più del 50% del PIL, ogni blocco dei pagamenti innesca conseguenze devastanti nel Paese. Le stiamo vedendo ogni giorno.

Stiamo parlando, secondo le stime della Banca d’Italia, di 91 miliardi da immettere nel sistema, un terzo in più di tutto il nostro fatturato! Infine, per una questione sociale: lo Stato sta vanificando lo sforzo di centinaia di migliaia di imprenditori e lavoratori, che allo scoramento della mancanza di risorse aggiungono la rabbia di vedere il loro onesto lavoro restare senza la giusta mercede. A tutti i record negativi che stiamo raggiungendo, ne abbiamo aggiunto uno grottesco: in Italia non si fallisce più per debiti, ma per crediti. Questo il contesto. Questi sono i prerequisiti, provvedimenti senza i quali nessuna ricetta sarà utile. Veniamo ora allo specifico dei settori ANIE. “Programmiamo la crescita” è il titolo che abbiamo voluto dare alla nostra Assemblea. Qualsiasi azienda sa che, senza una programmazione seria e di lungo periodo, senza meta, senza rotta, non si va da nessuna parte. Ecco allora che ANIE ha costruito una sua roadmap, che con estrema umiltà e altrettanta convinzione, propongo agli autorevoli ospiti presenti oggi. Primo – Imperativo categorico: torniamo alla manifattura L’industria nazionale dell’elettrotecnica e dell’elettronica è rappresentata oggi da un nutrito gruppo di imprese che con ammirevole tenacia riescono a mantenere in Italia la componente manifatturiera e di Ricerca & Sviluppo, malgrado l’assenza ormai cronica di una seria politica industriale. Nella componentistica elettronica e microelettronica, per esempio, questo risultato è reso possibile dalla capacità di innovazione, propria del settore e particolarmente viva nelle aziende italiane, e dalla forte penetrazione sui mercati esteri. È un settore pervasivo e strategico. Se non interveniamo in fretta il rischio è di perderlo completamente.

Intervenire significa tornare, in tempi brevi, a ragionare in una logica di sviluppo industriale e di valorizzazione della produzione nazionale e delle attività di R&S. L’Europa ha deciso di farlo. Il Vice Presidente Tajani ha dichiarato che l’obiettivo è fare in modo che il peso della manifattura sul Pil europeo passi dal 16% al 20% entro il 2020. L’Italia deve darsi lo stesso obiettivo, magari con un traguardo al 2015! Colgo l’occasione per ringraziare il Vice Presidente Tajani con cui dall’inizio dell’anno abbiamo intrapreso un percorso comune volto ad aprire un tavolo a livello europeo della componentistica elettronica. Parallelamente stiamo lavorando con il Ministero dello Sviluppo Economico per un tavolo nazionale che tenga conto delle eccellenze presenti sul nostro territorio. E di eccellenze ne abbiamo tante! Gli indici di produzione industriale sono da diversi anni in calo eppure l’Italia resta uno dei principali Paesi industrializzati al mondo. Nel settore dell’automazione sono presenti delle eccellenze riconosciute a livello globale. Oggi i mercati e gli utilizzatori finali richiedono prodotti industriali o prodotti di uso quotidiano maggiormente personalizzabili e dedicati, e questo avviene attraverso l’evoluzione tecnologica di linee di produzione sempre più flessibili, modulari, efficienti e con investimenti che richiedono un rapido time-to-market. Significa mantenere una elevata capacità di innovazione tecnologica da parte di tutte le aziende del settore e quindi continui investimenti in Ricerca e Sviluppo. A chi ci governa chiediamo strategia e visione. Non bastano interventi di breve periodo quali il credito d’imposta per la ricerca e innovazione, che pure sono necessari per far sopravvivere le aziende. Il tema dell’innovazione è fondamentale perché è il valore che si mette nei prodotti che ci rende competitivi. Se guardiamo a interventi di medio-lungo periodo dovremmo investire in formazione: pensiamo per esempio a come valorizzare la figura del ricercatore industriale, come hanno fatto altri Paesi, che hanno iniziato a investire in ricerca e formazione dieci anni fa, nei periodi di crisi, e oggi possono beneficiare dei risultati di tali investimenti. Secondo – Dalla SEN al PEN: passiamo dalla Strategia al Piano Energetico Nazionale Individuare una politica energetica significa tracciare un percorso che inserisca l’Italia nel contesto europeo ed internazionale, riducendo contestualmente la bolletta energetica e la dipendenza dall’estero. Nel corso del 2012 ANIE ha sostenuto con forza l’iniziativa del Governo di definire un documento di Strategia Energetica Nazionale e ne ha condiviso gli obiettivi ambiziosi: più energia da fonti rinnovabili, più interventi sulla rete, più efficienza energetica. Ma la Strategia Energetica Nazionale è solo un primo passo verso quel Piano Energetico Nazionale che il Paese attende da anni, il solo che possa finalmente tradurre in tempi certi e investimenti concreti le linee strategiche. E’ evidente che il settore elettrico sta vivendo una trasformazione epocale. Trasformazione che segna il passaggio dalla generazione centralizzata a quella distribuita, con un peso sempre maggiore delle energie rinnovabili e delle tecnologie smart. Il forte aumento della generazione diffusa nel sistema elettrico, in particolare nelle reti di distribuzione in media e bassa tensione, impone nuovi compiti: mantenere un elevato livello di sicurezza e affidabilità dell’intero sistema, garantire possibilità di controllo del carico da parte del sistema, coinvolgere sempre più gli utenti finali nel mercato elettrico. Le aziende rappresentate da ANIE sono gli attori industriali di primo piano di questo cambio di paradigma e sono pronte ad operare attivamente sia a livello nazionale che internazionale per facilitare questa transizione. Quanto all’obiettivo della SEN di “più efficienza energetica” è evidente che ciò deve tradursi operativamente in un grande piano di manutenzione dell’esistente che si declina in:

Primo – interventi sugli impianti industriali già esistenti ma obsoleti
Interventi sugli impianti industriali già esistenti ma obsoleti con un progetto serio e strutturato di revamping energetico, che potrebbe rimettere immediatamente in moto il sistema produttivo del Paese;

Secondo – interventi sul parco immobiliare attraverso:
a) un programma di messa a norma e di adeguamento graduale degli impianti elettrici delle abitazioni civili e degli edifici pubblici. Su 28 milioni di edifici residenziali oggi oltre un terzo, ovvero circa 10 milioni di immobili, non ha gli impianti elettrici a norma. E’ doveroso adottare le norme sulle verifiche degli impianti e provvedimenti che garantiscano la qualificazione professionale di tutti gli operatori che fanno manutenzione sui sistemi di sicurezza. La sicurezza è una cosa seria e merita di ricevere la massima attenzione in termini di efficienza e qualità dei servizi erogati;

b) un programma di riqualificazione energetica degli edifici che non può ormai più prescindere da integrazione delle tecnologie attive (domotica e automazione), tecnologie dalle quali peraltro può venire un importante contributo per creare ambienti assistiti e protetti per utenze deboli (disabili, anziani). In vista del recepimento della Direttiva sulla efficienza energetica degli edifici, a cui sta lavorando il Parlamento in questi giorni, non è più possibile ignorare i benefici delle tecnologie impiantistiche rappresentate da ANIE in termini di efficienza e risparmio energetico (si consideri il beneficio che potrebbe derivare da soluzioni innovative per ascensori e scale mobili che incidono per ben 5% sui consumi energetici dell’edificio). Fondamentale per raggiungere il traguardo della Direttiva (nel 2020 edifici ad impatto zero) è far leva sull’introduzione dello “smart meetering” sia nel gas che nell’elettrico e conseguentemente sulla gestione attiva delle tecnologie e dei carichi elettrici negli edifici (illuminazione, trattamento aria, elettrodomestici, etc). Il mercato delle costruzioni (e delle tecnologie) deve necessariamente ripartire per spingerci fuori dalla crisi e tutto ciò che è utile in tal senso va appoggiato. Per tale ragione non possiamo che vedere positivamente la proroga della detrazione fiscale del 50% sulle ristrutturazioni, auspicando che la stessa venga stabilizzata.

Terzo – Un Piano dei Trasporti realistico integrato e sostenibile
Quanto alle infrastrutture di trasporto non possiamo non sottolineare con grande soddisfazione che, nel grande progetto strategico europeo delle TEN T, Transeuropean network, l’Italia è protagonista, unico Paese europeo attraversato da ben quattro corridoi. Una realtà che dimostra che se si lavora nel modo giusto l’Italia, crocevia dell’Europa, può ottenere molto da Bruxelles. Autostrade, ferrovie, metropolitane sono ricche di apparecchiature ad altissima tecnologia, in gran parte fornite dalle aziende ANIE. I sistemi di controllo delle linee di Alta Velocità italiani sono i migliori sul mercato. Le ferrovie italiane hanno adottato, tra le prime in Europa, l'European Rail Traffic Management System (ERTMS), il sistema su standard europeo progettato per assicurare ai treni di diversi Paesi di circolare senza soluzione di continuità su tutte le linee europee che ne sono dotate ed è capace di garantire la circolazione in sicurezza dei treni con tecnologie all'avanguardia. Lo sa bene il Vice Presidente Tajani, già Commissario europeo ai Trasporti quando tutti questi progetti vedevano la luce. Il trasporto ferroviario e pubblico locale vive oggi una fase di svolta. Da una parte incassa il successo dei servizi Alta Velocità; dall'altra si confronta con la forte riduzione delle risorse che penalizzano fortemente il trasporto locale. La nostra proposta è un Piano dei trasporti realistico, integrato e sostenibile dal punto di vista economico e ambientale. Non pensiamo ad un grande piano di nuove infrastrutture, ma al potenziamento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, intesa come conservazione dell'esistente, e come efficientamento del sistema, con innesti mirati di tecnologia per incrementare la produttività delle infrastrutture esistenti. Le tecnologie sono in grado di aumentare la capacità delle linee aumentando la frequenza dei treni con i più moderni sistemi di segnalamento e sicurezza.

Va considerato, infine, che un Piano dei Trasporti è essenzialmente un Piano dei Servizi di Trasporto, con un'attenzione particolare ai problemi del trasporto passeggeri nelle grandi aree urbane e al trasporto delle merci. In questo senso non si può prescindere da un piano di ammodernamento delle flotte di rotabili, in gran parte obsolete. Per quanto riguarda il mercato nazionale, una rapida valutazione del comparto del materiale rotabile, per le sole esigenze di rinnovo e di manutenzione, senza considerare ipotesi di aumento dei servizi o di svecchiamento del parco, indica un volume di mercato dai 2 ai 3 miliardi annui. Contrariamente ad altri settori industriali che soffrono di una chiara situazione di saturazione del mercato, per il settore ferroviario il mercato potenziale è crescente e il fabbisogno rilevante. Occorre quindi investire così come hanno già fatto altri Paesi Europei che hanno concluso accordi-quadro con la loro industria nazionale, influendo tra l’altro fortemente sul posizionamento delle rispettive industrie nella competizione internazionale. Ci incoraggia il fatto che il Ministro Lupi abbia voluto inserire, tra i punti qualificanti del suo programma di Governo, recentemente illustrato in Parlamento, la richiesta di risorse per la manutenzione e il rinnovo del materiale rotabile. Cogliamo l’occasione della sua presenza oggi per assicurare la piena disponibilità di ANIE, con tutto il patrimonio di know-how delle sue migliori aziende, a collaborare con il suo Ministero per tradurre in azioni concrete e in una pianificazione complessiva e di lungo respiro, le indicazioni contenute nelle sue recenti relazioni.

Quarto – Dai componenti alla filiera per andare nel mondo
Nel 2013 ANIE ha acquisito un nuovo importante socio: Terna Spa. È motivo di orgoglio per me avere aperto le porte della Federazione al grande operatore della rete per la trasmissione dell'energia. L’idea è quella di dar vita alla dodicesima Associazione di ANIE: ANIE Reti. Per saper cogliere le opportunità che il futuro ci offre, è importante riuscire a fare squadra, come fanno i nostri competitor stranieri.
Dobbiamo andare nel mondo come filiera, presentarci come Sistema Paese. Non è più possibile, nello scenario globale in cui ci dobbiamo muovere, pensare di andare da soli. Il percorso che immagino è quello di operare sempre più in stretta sinergia con le associazioni che progettano e costruiscono impianti industriali, sistemi di produzione e infrastrutture, con i main contractor, i fornitori di servizi di ingegneria, gli end users. Coinvolgere in ANIE gli impiantisti di ANIMP e di FederProgetti potrebbe consentire di rendere il più possibile integrate anche le operazioni di internazionalizzazione delle nostre aziende, facilitando il compito di esportare le nostre tecnologie. Pensiamo a quale vantaggio reciproco si potrebbe trarre dal fatto di presentarsi sui mercati, soprattutto stranieri, come sistema integrato di operatori di altissimo livello ed elevata tecnologia. Anche le aziende più piccole, quelle che non ce la fanno ad internazionalizzarsi, potranno partecipare a progetti importanti, diventando attori su nuovi mercati, per loro finora inesplorati.

Quinto – Education: il valore della persona al centro dell’industria
Concludo con un tema che mi sta molto a cuore: l’education, ovvero la formazione professionale della persona in tutto il suo percorso lavorativo, dall’ingresso in azienda fino alla pensione. Non c’è industria senza lavoro. Non c’è lavoro senza chi lo sappia fare. Non è retorica dire che il patrimonio di una azienda sono i suoi lavoratori. Un patrimonio certamente difficile da amministrare, ma anche l’unico capitale su cui investire in modo sicuro, senza il quale non è possibile trasformare la conoscenza in produttività. La valorizzazione di questo capitale invisibile è ancora più importante per le aziende in cui la componente tecnologica e di specializzazione è molto alta, come quelle del nostro comparto.

Uno degli elementi sui quali si fonda il successo delle imprese è infatti rappresentato dalla cosiddetta “conoscenza tacita” che le persone accumulano durante la loro vita lavorativa. ANIE è pronta a lavorare su questa materia, anche con progetti sperimentali di trasmissione di tale conoscenza alle giovani generazioni nel quadro di una maggiore flessibilità in uscita, come quella recentemente evocata dal Ministro del Lavoro Giovannini sull’esempio della staffetta generazionale e di un più generale avvicinamento tra scuola e impresa.

Da una recente indagine tra i soci, è emerso che anche in un anno difficilissimo come il 2013, le nostre aziende assumeranno non meno di 2.000 laureati, tra i quali 1.500 ingegneri. Significa che stiamo continuando a credere nel futuro.

Solo tornando da dove siamo partiti, cioè dalla fabbrica, possiamo ricominciare a correre. Solo ricominciando a giocare in squadra e in attacco possiamo fare goal.

Noi ci crediamo.
 

Condividi questo articolo su:

Fiere ed eventi

S NewsLetter

Rimani sempre aggiornato sulle ultime novità della sicurezza.

Ho letto e compreso la vostra privacy policy.