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Normativa di Travel Security: Fondamenti

Travel Security Risk Management

L’Ordinamento italiano riconduce alla costituzione del rapporto lavorativo un’obbligazione di sicurezza a carico del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, che trova fondamento negli articoli 32, 35 e 41 della Costituzione italiana, secondo cui la sicurezza, libertà e dignità umana prevalgono sull’iniziativa economica privata.

La nozione di sicurezza, nella lingua italiana, identifica due concetti, security e safety, con significati differenti; il temine safety va inteso in riferimento a quegli eventi di tipo accidentale quali gli incidenti, gli infortuni e le malattie professionali, mentre la security ha invece, come campo di riferimento, i rischi esterni all’attività lavorativa.

Tutte le organizzazioni – indipendentemente dal settore e dall’attività svolta – sono oggi esposte a minacce di natura dolosa e/o accidentale (attacchi terroristici, episodi di criminalità violenta, malattie infettive, disastri naturali), potenzialmente in grado di colpire i processi produttivi, il capitale umano o gli assets materiali.

Normativa di Travel Security e i viaggi in sede estera

In particolare, i viaggi in sede estera, specialmente quelli effettuati in zone a rischio sanitario o caratterizzate da condizioni di instabilità politica o precarietà del quadro di sicurezza possono esporre il personale a minacce significative, suscettibili di metterne a rischio l’incolumità, con conseguenze legali e reputazionali per la Società e il proprio management.

Quali sono i lavoratori da tutelare? L’art. 2 comma 1 lett. a) del D.lgs. 81/2008 include ogni persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione.

Si tratta di un riferimento molto ampio e di cui è opportuno tener conto in sede di valutazione dei rischi, atteso che un infortunio all’estero di un soggetto appartenente a una delle suddette categorie è in grado di impattare sull’organizzazione e sul datore di lavoro.

Come individuare il datore di lavoro responsabile della protezione dei propri lavoratori? L’art. 2 lett. b) del D.lgs. 81/2008 identifica il datore di lavoro come “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.

L’art. 299 del D.lgs. 81/2008 prevede che le posizioni di garanzia relative al datore di lavoro “gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.

Quali sono nel concreto gli obblighi in capo al datore di lavoro nel proteggere i propri lavoratori all’estero?

L’obbligazione di sicurezza a carico del datore di lavoro trova fondamento nell’articolo 2087 c.c., che impone all’imprenditore di adottare le misure “che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica” del lavoratore.

Tale obbligo generale è completato da due norme che rappresentano oggi il paradigma di riferimento in tema di protezione e tutela dei lavoratori: il D.lgs. n. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza) e il D.lgs. n. 231/2001.

Il Testo Unico Sicurezza, all’art. 28, stabilisce che il datore di lavoro, nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), deve considerare tutti i rischi “compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”; ne discende che è sempre necessario reperire preventivamente delle informazioni attendibili relative alla situazione ambientale legata ad eventi di natura geo politica, atti criminali di terzi e belligeranza, in grado di avere ricadute su tutti gli ambienti frequentati dai lavoratori che operano all’estero (luoghi di lavoro, spostamenti e finanche luoghi ricreativi e residenziali) al fine di valutare le misure di prevenzione già presenti e di integrarle con le informazioni necessarie a mettere il lavoratore nelle condizioni di gestire eventuali situazioni critiche.

Oltre al datore di lavoro, anche l’impresa può essere direttamente responsabile della protezione dei lavoratori all’estero; difatti, il D.lgs. n. 231/2001 introduce una “responsabilità amministrativa degli enti”, secondo cui le persone giuridiche divengono destinatarie di sanzioni dirette a prevenire il compimento di “reati presupposto” ad opera dei propri rappresentanti e dipendenti che agiscono ad interesse o vantaggio dell’ente (in questo caso costituiti dal risparmio economico), inclusi i reati di omicidio e lesioni colpose conseguenti alla violazione della normativa antinfortunistica ai sensi dell’art. 25-septies D.lgs. 231/2001, con pesanti sanzioni fino a 1000 quote e l’applicazione di sanzioni interdittive.

Nell’ipotesi di reati commessi nell’interesse di gruppi societari, il Giudice italiano potrebbe comminare anche alla capogruppo le sanzioni previste dal D.lgs. 231/2001, in quanto destinataria delle sue norme e avendo concorso al verificarsi del fatto illecito [1].

La giurisprudenza predominante, partendo dall’interpretazione delle fonti normative menzionate, considera connessi all’attività lavorativa non solo i rischi tipici della materia antinfortunistica (safety), ma anche i rischi atipici (security).

Tra le prime sentenze in tal senso troviamo Cass. n.4129 del 2002 (Caso SORIGE); la pronuncia si riferisce al rapimento di alcuni lavoratori italiani in Etiopia e alla conseguente condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno ai dipendenti vittime del sequestro, in virtù dell’assenza di misure di security ad opera della società SORIGE. In tal senso anche la sentenza del Tribunale di Ravenna del 23 ottobre 2014 – Giudice Riverso che ha condannato un’impresa al risarcimento del danno fisico e morale subìto da un lavoratore a causa di un attentato terroristico in Algeria, mentre viaggiava su un’autovettura aziendale.

Altra sentenza d’interesse è quella di primo grado relativa al “caso Bonatti” (Sentenza del 22 gennaio 2019 del Tribunale di Roma) che ha visto imputati i vertici del Consiglio di Amministrazione della società per il reato di cooperazione colposa nel delitto doloso collegato alla morte di due dei quattro tecnici Bonatti rapiti in Libia, ammettendo invece il patteggiamento con l’ex manager di Bonatti per la Libia, Dennis Morson.  Diversamente è stato rinviato a giudizio, con Rito Ordinario, il membro del CdA Giovanni Di Vincenzo.

Normativa di Travel Security: un esempio di evento critico

Fatte tali premesse, ipotizziamo un evento critico di security a danno di un lavoratore all’estero (ad esempio un dipendente che subisse un sequestro di persona).

Quale giurisdizione sarebbe applicabile a tale fattispecie? È bene precisare che il datore di lavoro può essere perseguito in Italia per l’infortunio avvenuto a danno del lavoratore all’estero. L’art. 6 c.p. prevede che: “il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, cioè in Italia, quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione o dell’omissione”. Si pensi, a titolo esemplificativo, a una Società con sede in Italia il cui datore di lavoro effettui un’inadeguata valutazione dei rischi, ovvero una formazione carente, ovvero la mancata assegnazione di attrezzature idonee, etc.

In tal senso Cass. Pen. n. 43480/2014, secondo cui è “corretta l’affermazione della giurisdizione italiana e l’individuazione del giudice competente per territorio, trattandosi di delitto comune (infortunio sul lavoro) astrattamente ascrivibile a un cittadino italiano, ossia al datore di lavoro”.

La responsabilità penale a carico del datore di lavoro si configura come imputazione per cooperazione colposa in reato doloso ai sensi dell’art.40 c.p., secondo cui “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

Ove un simile scenario si concretizzasse, potrebbe essere configurabile un’imputazione a carico dei responsabili per il delitto di omicidio colposo ex art. 589 c.p. o per Lesioni personali colpose ex art. 590 c.p. ricollegabili al sequestro del lavoratore.

Per ottenere una condanna, il Pubblico Ministero dovrà dimostrare che, se il datore di lavoro avesse tempestivamente adottato misure da considerarsi doverose secondo la comune diligenza e le conoscenze scientifiche, l’evento non si sarebbe verificato, o quantomeno non avrebbe avuto conseguenze mortali.

In conclusione, l’attuale quadro normativo in materia di travel security comporta la necessità per il datore di lavoro di dotarsi di strumenti di risk management coerenti con le best practice di settore, al fine di poter agevolmente dimostrare l’adeguatezza tecnico scientifica delle proprie misure di travel security innanzi al giudizio di valore ad esse attribuito dal giudice.

Angelo Russo

Ricopre il ruolo di Senior Consultant del dipartimento Forensic & Integrity Services di EY (Ernst & Young).
Dal 2017 opera come team member per lo svolgimento di audit in ambito di Anti Bribery & Anti Corruption, Security e AML presso primarie società italiane e internazionali.
Ha ricoperto incarichi di docenza a contratto presso master e corsi di perfezionamento presso la Link Campus University e la LUISS Guido Carli
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[1] Cass. Pen. sentenza n. 52316/2016, Riva ed altri

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