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Possono i sistemi di video analisi sostituire i sensori da esterno?

Possono i sistemi di video analisi sostituire i sensori da esterno?

La grande evoluzione di componenti delle telecamere, delle reti di interconnessione delle stesse, ma anche quella delle tecniche di analisi, hanno consentito negli ultimi tempi di realizzare svariate implementazioni della così detta “Video Content Analysis” (VCA), conosciuta anche come “Intelligent Video Analytics” (IVA).
Si tratta dell’analisi automatica delle immagini CCTV, al fine di estrarre informazioni utili circa il contenuto delle stesse. VCA ha svariati campi di applicazione tra i quali ricordiamo a titolo di esempio alcune di esse:
• Rivelazione dell’intrusione
• Rivelazione dell’asportazione di oggetti
• Conteggio di persone che entrano ed escono da ambienti
• Riconoscimento facciale delle persone “Facial Recognition” (FR)
• Riconoscimento targhe degli autoveicoli “Automatic Number Plate Recognition” (ANPR)

L’altissimo interesse che questo tipo di applicazioni suscita, ha portato allo sviluppo repentino di una importante richiesta di mercato che spesso, però, è rimasta delusa dalla modestia dei risultati ottenuti. Si pensi, a tale proposito, al riconoscimento di movimento basato sulla semplice analisi della variazione dei pixel, la così detta “Video Motion Detection” (VMD) che oggi è comunque presente su quasi ogni telecamera digitale. Questo metodo è un primo approccio, le cui limitazioni però, lo relegano ormai ad un uso molto marginale. Come detto in precedenza, diverse tecniche sono state alla base dello sviluppo di nuove applicazioni, ciascun produttore usa proprie varianti al tema, ma sostanzialmente la tecnica di analisi è quella che viene, molto sinteticamente, descritta di seguito.
Le immagini CCTV vengono scomposte nelle loro due componenti fondamentali:
• Sfondo o parte statica dell’immagine (background)
• Oggetti (blobs) che si muovono in primo piano (foreground)
Il SW applicativo estrae da ciascun oggetto: la sua posizione, la sua dimensione, la direzione del movimento, il tempo durante il quale resta visibile ecc. Questi dati sono detti “Metadati” e variano notevolmente, in numero e tipo, a seconda del prodotto e della specifica applicazione. In funzione della applicazione e delle condizioni al contorno, i metadati sono vagliati attraverso una serie di regole che sono in grado di produrre uno stato automatico di allarme.

Da questa prima analisi si potrebbe dedurre che telecamere, dotate di video analisi a bordo o collegate ad un sistema di video analisi centralizzato, possano sostituire bene se non addirittura meglio i sensori, basati su altre tecnologie, usati nei sistemi automatici antintrusione.

Ciò è solo parzialmente vero, come sempre, dipende da numerosi fattori accessori. Un esempio banale ma facilmente comprensibile è dimostrato dal fatto che se la protezione antintrusione è realizzata in un ambiente a luminosità controllata, privo di disturbi, con piccole escursioni termiche, cioè un tipico ambiente interno, la video analisi può fornire eccellenti risultati.

Molto diverso, invece, è il dover affrontare la protezione di perimetri e/o aree esterne, dove ci sono variazioni di luminosità estreme, basti pensare alle condizioni di illuminazione di una scena notturna o della stessa scena quando il sole è basso e diretto verso la telecamera che la inquadra. Che dire poi delle consistenti variazioni termiche  che si possono presentare in un ambiente esterno? E la pioggia che effetti può avere sulla analisi dei segnali video? Ed ancora, la nebbia, le ombre prodotte da nuvole che si spostano rapidamente, e le luci improvvise dei fari di automobili che irrompano repentinamente nella scena? Per non parlare poi delle condense in zone molto umide, e tutto ciò considerato, quale potrà essere la distanza, coperta da una telecamera utilizzata in una simile protezione valida nelle più svariate condizioni ambientali?
La sfida che un sensore, costituito da una telecamera con video analisi (a bordo o centralizzata), deve vincere per poter costituire una alternativa ad altri sensori adottati nelle protezioni perimetrali esterne, è quella di ottenere una alta Probabilità di Detezione (PD) con una bassissima Probabilità di generare Falsi Allarmi (FAR), senza dimenticare la possibilità di essere “accecato” artificialmente, perdendo completamente la capacità di produrre alcunché, né più né meno, quindi, di quanto richiesto a qualsiasi altro sensore. È necessario ricordare, inoltre, che deve poter essere verificata in qualunque momento ed automaticamente dal sistema di protezione, la capacità di produrre un evento di allarme e la capacità, al suo verificarsi, di comunicarlo (long loop test).
Al momento attuale, a causa delle limitazioni fisiche che l’applicazione in ambiente esterno presenta, la video analisi costituisce un buon complemento ad altre tecnologie dedicate alla rivelazione delle intrusioni in perimetri esterni, ma non può sostituirsi ad esse, in quanto le prestazioni in termini di PD, FAR e insabotabilità sono stimabili ancora da 2 a 3 ordini di grandezza, inferiori rispetto ai migliori sensori dedicati a questo scopo.
Concludendo possiamo affermare che, solo  un’integrazione profonda tra i migliori sensori ed i migliori sistemi di video analisi può, sin da ora, dare risposte esaustive alla richiesta di sicurezza laddove il compito è più difficile ma le esigenze sono maggiori, cioè nelle protezioni perimetrali esterne.

di Vincenzo De Astis, Amministratore Delegato CIAS

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