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Cristhian Re: Il Decalogo del Security Manager

Cristhian Re: Il Decalogo del Security Manager

Cristhian Re, sulle colonne di S News in questa uscita de Il Dazebao della Security, si cimenta in un’impresa non da poco: stendere il Decalogo del Security Manager.
E, come sempre, lo fa con il suo inconfondibile brio e profondità d’analisi, da letterato e storico del settore e, al contempo, da specialista.
Considerata la mole della trattazione, viene oggi presentata la prima parte de “Il Decalogo del Security Manager” secondo Cristhian Re che, in un continuum ideale con l’articolo precedente, abbraccia in toto la vocazione di “Evangelista”.

Buona lettura!

di Monica Bertolo

IL DECALOGO DEL SECURITY MANAGER

L’interesse e la curiosità suscitati dall’ultimo articolo “Una professione in evoluzione: da Manager a Evangelist”, sembra quasi vogliano deferentemente indicarci i prossimi temi da trattare nel nostro Dazebao.

Sensibile da sempre al fascino esercitato dai segni e dalle circostanze, raccolgo il suggerimento di alcuni giovani e brillanti lettori, che mi invitano a parlare più approfonditamente del ruolo del Security Manager. Uno in particolare mi chiede addirittura di stendere una sorta di “decalogo delle priorità”.
Senza scomodare il buon Mosè e la sua ultra-millenaria eredità, il decalogo andrebbe estensivamente inteso come quell’insieme di precetti fondamentali riguardanti un’attività pratica o teorica, un’arte, ecc. (anche se non necessariamente nel numero di dieci).
Così stimolato, in queste ultime settimane mi sono marzullianamente posto degli interrogativi, ai quali ho cercato di dare risposte.
Certo di rendere un servizio di una qualche utilità, anche solo di orientamento, la nostra rubrica da oggi ospiterà quello che, a mio modesto avviso, può essere considerato il decalogo delle priorità del Security Manager.

IL DECALOGO

1. Confermare e consolidare la reputazione di funzione aziendale a presidio della legalità, dell’etica e dell’integrità
La Security si avvale ampiamente di un retaggio storico che affonda – come spesso abbiamo detto – le sue radici negli anni Settanta, le origini della funzione in azienda. Il personale addetto alla funzione, forse più di altri, risponde a elevati requisiti di professionalità e affidabilità. Il rapporto che l’azienda instaura con l’uomo della sicurezza, infatti, è di natura squisitamente fiduciaria. La presenza di tali requisiti è accertata al momento della selezione e confermata nel prosieguo del rapporto di lavoro.
L’ormai diffusa tendenza ad assumere personale proveniente (o uscente) dalle fila delle Forze di Polizia o delle Forze Armate, oltre a rappresentare un comune sostrato formativo e un retroterra culturale condiviso, è altresì forma di garanzia circa l’integrità, la rettitudine e l’onestà della persona. L’ulteriore percorso che conduce alla certificazione della professionalità in base alla norma nazionale UNI 10459 o a quella internazionale ASIS (PSP, PCI, CPP), corrobora e suggella un profilo e delle competenze dai contorni ben definiti.
Ricorda Carlo Carboni in “Élite e classi dirigenti in Italia”, chi siede al vertice della Security costituisce un particolare tipo di élite, c.d. “traente”, capace cioè di guidare in quanto a competenze, senso della legalità e responsabilità pubblica, configurandosi come vera e propria leadership del Paese.

2. Coniugare efficacia, efficienza e innovazione con riduzione della complessità e sburocratizzazione (policies, procedure e processi)
Accomunate dall’origine latina del termine (dal v. efficere: condurre a compimento, far sì che, conseguire), efficacia ed efficienza sono concetti che ben si compenetrano l’uno nell’altro. Secondo François Jullien (“Trattato dell’efficacia”) l’efficienza non è soltanto un’efficacia slegata dall’occasione particolare e dissolta nello sfondo delle cose, ma, procedendo da un’economia di insieme, diventa essa stessa il fondo delle cose, da cui deriva continuamente ogni avvenimento.
Unite al fattore dell’innovazione, si è alla presenza di quel ricercato processo, connotato da fluidità e continuità, in grado di generare valore.
La Security è chiamata inoltre, per intima vocazione, alla semplificazione delle variegate e complesse manifestazioni della realtà contingente, mediante l’applicazione non solo di un problem solving capace di seguire percorsi che, talvolta, esulano dalla logica ordinaria e lineare, ma anche di una pratica che nell’antico trattato di diplomazia orientale è definita: “del rotondo e del quadrato”. Conviene essere rotondi (cioè mobili, aperti e flessibili) prima che una situazione si attualizzi; quadrati (cioè rigidi e determinati) una volta che si è attualizzata e ci si è imposti una direzione e, dunque, delle regole (policies e procedure).

3. Svilupparsi e confermarsi come funzione flessibile, innovativa, sempre più e meglio integrata e di supporto al business
I muta(n)ti scenari nazionali e internazionali e la complessità raggiunta da talune realtà aziendali impongono alla Security l’adozione di un modello strategico fondato sul principio della flessibilità. L’elemento naturale capace di simboleggiarne forza e fluidità è l’acqua. Come l’acqua scorre negli spazi vuoti e si adatta alle pieghe del terreno, così la Security deve muoversi lungo la linea di minor resistenza, aggirare gli ostacoli e continuare poi la corsa mentre i vortici rimuovono quegli ostacoli ormai isolati lasciati alle spalle.
La forma dell’acqua non è nell’acqua, ma proviene dal rilievo del terreno; così pure, il potenziale della Security non è nella Security, ma scaturisce dalla situazione. Il potenziale consiste nella possibilità, aperta dalla situazione, da cui si trae vantaggio attraverso una maggiore e più efficace integrazione con gli altri processi aziendali e il supporto offerto al business. Un supporto che si quantifica in termini di contribuzione alla mission d’impresa, il cui grado risulta proporzionale alla capacità d’innovazione, cioè di introdurre elementi nuovi, di trasformare, di inventare. Proprio quanto accade all’interno di un processo, dove la sola trasformazione con valore aggiunto ne determina il successo.

4. Incentivare formazione manageriale per chi opera in sicurezza, piani formativi strutturati e diversificati per le diverse famiglie professionali, incremento della formazione di security con e nelle Università
La concreta attuazione di un sistema rivolto alla tutela del patrimonio aziendale si consegue anche attraverso la promozione di un’adeguata formazione manageriale di security. I programmi di formazione devono essere strutturati e articolati su più livelli. Più generali quelli rivolti al personale dipendente nel suo complesso, più di dettaglio e di approfondimento quelli destinati agli addetti al settore.
Gli scenari entro cui le aziende operano subiscono continue e profonde trasformazioni, tali da determinare dinamismi e complessità sempre crescenti. A questi cambiamenti, talvolta repentini e drammatici, corrisponde non solo una maggiore esposizione a nuovi tipi di minacce ma anche una naturale estensione delle aree di attività della security che richiedono uno specifico know how.
L’Università è da sempre il luogo per antonomasia deputato alla codificazione e alla trasmissione dei saperi. Essa interviene tanto sul piano dell’offerta formativa, fornendo corsi ad hoc, quanto su quello della ricerca di nuove soluzioni e dello sviluppo di idonee competenze, anche attraverso la costituzione di tavoli di lavoro congiunti (Università-Azienda) tali da divenire fucine del pensiero, veri e propri think tanks.

5. Sviluppare attività consuntivabili nel bilancio sociale come contributi alla Social Responsibility
La Corporate Social Responsibility (CSR) è l’impegno assunto dall’impresa a comportarsi in modo etico e corretto, andando oltre il semplice rispetto della legge, arricchendo le scelte di gestione con considerazioni etiche, sociali e ambientali. La CSR si articola in due dimensioni:
– Interna, comprende la gestione delle risorse umane, la salute e la sicurezza sul lavoro, l’organizzazione aziendale, la gestione delle risorse naturali e degli effetti sull’ambiente;
– esterna, riguarda le comunità locali, i partners economici, i fornitori, i clienti, i consumatori, il rispetto dei diritti umani ecc.
Essa è inoltre legata alla perdurabilità dell’azienda, al suo rapporto con tutti i soggetti economici (e non) con cui interagisce e che possono condizionare la sua sopravvivenza.
L’impresa, dunque, potrà essere accreditata nella società civile, ottenendo fiducia ed essendo così accettata come partner affidabile, appunto, nelle relazioni commerciali.
Per l’impresa, pertanto, la CSR non rappresenta solo un impegno economico, ma una vera strategia che tiene conto, nelle scelte aziendali, di considerazioni etiche, sociali e ambientali. Essere socialmente responsabili significa andare oltre il semplice rispetto della legge vigente, investendo di più nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessate.
Ben si comprende come tali attività possano chiaramente configurarsi come asset e, perciò, consuntivabili nell’ambito di un bilancio sociale. Il bilancio sociale di un’azienda, infatti, tende sempre a saldo zero, dove attività e responsabilità sociali si eguagliano.

[To be continued]

Per la Parte II del Decalogo, cliccare qui.

di Cristhian Re

Chi è Cristhian Re
Attualmente Chief Security Officer & General Services di Acciai Speciali Terni. Laurea in Scienze Politiche e Lettere Moderne, MA in Intelligence and Security, ufficiale in congedo dei Carabinieri, CBCI, PFSO, Lead Auditor ISO 37001, 9001, 27001, 22301, 20000, autore de “La misura della sicurezza” e “Propedeutica all’analisi del rischio”. Ha maturato la sua esperienza nell’industria della Difesa (Alenia Aeronautica e Finmeccanica), nel settore di produzione dell’Energia (Edipower), delle Multiutilies (A2A). Membro del Comitato Scientifico di S News, è curatore della rubrica Il Dazebao della Security.

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