Home » News » Attualità

Normativa di Travel Security: Strumenti di Risk Management

Travel Security Risk Management

Secondo la giurisprudenza[1] , la responsabilità prevenzionistica del datore di lavoro può ritenersi esclusa solo quando questi sia in grado di provare di aver apprestato tutte le misure di sicurezza utili ad evitare il danno occorso al lavoratore. Dunque, la ripartizione dell’onere della prova comporta la necessità per il lavoratore di dimostrare il nesso di causalità tra il danno e l’omissione datoriale; dall’altra, l’obbligo per l’imprenditore di provare di aver fatto di tutto quanto in proprio potere per evitare il verificarsi dell’evento dannoso.

Emerge dunque un interrogativo:

Come valutare dei rischi di security che sono, per propria natura, atipici? Come può il datore di lavoro individuare idonee misure di sicurezza?

La risposta è rinvenibile nel consolidato orientamento giurisprudenziale della “massima sicurezza tecnologicamente fattibile”, secondo cui il datore di lavoro è onerato ex art. 2087 c.c. di un’attività continua di aggiornamento e di adeguamento delle misure di protezione del lavoratore, volta ad impedire il verificarsi del danno[2]; egli ha l’obbligo “di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro”[3] ed è altresì tenuto ad adottare il sistema di prevenzione “più idoneo a garantire un maggior livello di sicurezza: trattasi, invero, di principio cui non è possibile derogare soprattutto nei casi in cui i beni da tutelare siano costituiti dalla vita e dalla integrità fisica delle persone”[4].

È dunque obbligo del datore di lavoro apprestare tutte le misure di sicurezza esigibili, tenendo conto delle indicazioni della scienza, della tecnica e della comune esperienza per quel settore di attività al fine di prevenirne gli impatti”[5].  

Sentenza Thyssenkrupp

Dalla sentenza Thyssenkrupp emerge l’importanza di un approccio tecnico-scientifico alla gestione dei rischi da parte del datore di lavoro, in quanto elemento fondamentale nella decisione del Giudizio:  ‘‘Se ci si chiede dove il giudice, consumatore e non produttore di leggi scientifiche e di prescrizioni cautelari, possa rinvenire la fonte precostituita alla stregua della quale gli sia poi possibile articolare il giudizio senza surrettizie valutazioni a posteriori, la risposta può essere una sola: la scienza e la tecnologia sono le uniche fonti certe, controllabili, affidabili. Traspare, così, quale interessante rilievo abbia il sapere extra-giuridico sia come fonte delle cautele, al fine di conferire determinatezza alla fattispecie colposa, sia come guida per l’appezzamento demandato al giudice’’.

Sentenza relativa a un caso di rapina

In quest’ottica è degna di nota una sentenza della Corte di Cassazione relativa a un caso di rapina[6] in cui i giudici di legittimità escludono la responsabilità del datore di lavoro che abbia correttamente ed esaustivamente adempiuto ai propri obblighi, in modo tale che non sia ravvisabile a suo carico alcun margine di colpa. Ed infatti, la responsabilità ex art. 2087 c.c. “non può essere dilata fino a comprendere ogni ipotesi di danno ai dipendenti, pur se in conseguenza di eventi incolpevoli, sostenendosi che, comunque, il rischio non si sarebbe verificato in presenza di ulteriori accorgimenti di valido contrasto che, in tal modo opinando, si perverrebbe alla abnorme applicazione di un principio di responsabilità oggettiva ancorata al presupposto teorico che qualsiasi rischio possa essere evitato, pur se esorbitante da ogni umana prevedibilità”. I giudici di legittimità concludono il proprio ragionamento decisorio stabilendo che il danno è derivato da fatto penalmente illecito ed imprevedibile di terzi e che non è configurabile alcuna responsabilità del datore di lavoro, non avendo il lavoratore dedotto e dimostrato specifici profili di colpa dell’imprenditore.

D.lgs. 231/2001

Come accennato sopra, il D.lgs. 231/2001 ha istituito il profilo di responsabilità (colpa di organizzazione) a carico dell’ente per i reati commessi a suo interesse e vantaggio. Il fattore esimente per la risalita della responsabilità dall’individuo all’ente è l’istituzione, da parte di quest’ultimo, di un sistema di gestione e controllo idoneo a prevenire la commissione dei reati.

L’articolo 6 del D.lgs. 231/2001 prevede una forma specifica di esonero da detta responsabilità qualora l’Ente dimostri che:

  • l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  • il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei Modelli, nonché di curare il loro aggiornamento, è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo;
  • le persone che hanno commesso i reati e gli illeciti hanno agito eludendo fraudolentemente i suddetti Modelli;
  • non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).

Ogni Ente che voglia fruire dell’esimente, e garantirsi una corretta gestione aziendale, deve dotarsi di un proprio Modello ex D. Lgs. 231/2001 che menzioni, parallelamente al DVR, la prevenzione dei rischi di security con specifico riferimento alla realtà operativa dell’impresa all’estero. I Modelli organizzativi generici, privi di alcun riscontro con la realtà aziendale sono inidonei a rappresentare l’esimente prevista dall’art. 6 del D.lgs. 231/2001.

Art. 16 del D.lgs. 81/2008

Un altro strumento organizzativo essenziale è quello previsto dall’art. 16 del D.lgs. 81/2008 che consente al datore di lavoro di ricorrere alla delega di funzioni inteso come atto organizzativo, interno all’impresa, con il quale il datore di lavoro delegante – in presenza di determinati requisiti oggettivi e oggettivi – trasferisce ad altro soggetto, interno o esterno all’organizzazione aziendale, il c.d. delegato del datore di lavoro, poteri e doveri originariamente gravanti su di lui.

Bisogna ricordare che ciò non significa che il datore di lavoro (che delega) non sia più responsabile delle proprie azioni anzi, a maggior ragione, è legato al soggetto da ipotesi di “culpa in eligendo e/o vigilando” infatti la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in campo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni a questo trasferite[7].

Per tale motivo è fondamentale costruire un perimetro chiaro delle deleghe prevenzionistiche aziendali attribuite ai sensi dell’art. 16 del D.lgs. 81/2008, al duplice fine di individuare le responsabilità in materia di security tra le differenti funzioni coinvolte nel processo prevenzionistico e di provare in un eventuale procedimento giudiziale l’iter decisionale e tecnico adottato dal datore di lavoro a fondamento della valutazione dei rischi di security in relazione all’ambiente di lavoro e alle best practices tecniche in materia di prevenzione dei rischi “atipici”.

Le nozioni di formazione e informazione

Un altro strumento essenziale di travel risk management è quello della formazione e informazione del lavoratore all’estero. Le nozioni di formazione e informazione sono contenute nell’art. 2 del D.lgs. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza) lett. aa) e bb)[8].

Per quanto riguarda i contenuti e le forme della formazione e informazione, il Legislatore ha preferito non codificare le forme di somministrazione delle informazioni obbligatorie. La scelta risponde ad un criterio di effettività che informa l’intero Testo Unico Sicurezza e che può essere altresì rintracciato nel disposto degli ultimi due commi dell’art. 36 Testo Unico Sicurezza, secondo cui l’importante è che il contenuto dell’informazione sia “facilmente comprensibile per i lavoratori” e, soprattutto, raggiunga lo scopo di “consentire loro di acquisire le relative conoscenze”.

Quel che conta è che, con le forme che saranno ritenute opportune, sia raggiunto l’obiettivo di un’informazione “adeguata”.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, in capo al lavoratore si profila una sorta di “obbligo di risultato” (a prescindere dal come, è importante che il lavoratore sia compiutamente informato e formato); tale orientamento ha sancito che il datore di lavoro deve controllare “fino alla pedanteria” quel che fa il lavoratore.
Inoltre, la Suprema Corte ha ritenuto debba essere posta particolare attenzione alla formazione dei dipendenti neoassunti o dei lavoratori occasionali oppure, ancora, dei lavoratori adibiti a mansioni diverse da quelle abituali, specialmente se di livello superiore[9].

Angelo Russo

Ricopre il ruolo di Senior Consultant del dipartimento Forensic & Integrity Services di EY (Ernst & Young).
Dal 2017 opera come team member per lo svolgimento di audit in ambito di Anti Bribery & Anti Corruption, Security e AML presso primarie società italiane e internazionali.
Ha ricoperto incarichi di docenza a contratto presso master e corsi di perfezionamento presso la Link Campus University e la LUISS Guido Carli
.


[1] In tal senso, si vedano, Cass., n. 6169 del 1998; Cass., n. 3510 del 1996; Cass., n. 11351 del 1993; Cass., n. 3115 del 1991

[2] Si vedano, sul punto, Cass. 9 marzo 1992, n° 835, Mass. Giur. Civ., 1992,

[3] Cass. pen., 12 gennaio 2018, n. 1219

[4] Cass. pen., 2 febbraio 2016, n. 4325

[5] Cass. 20 marzo 2000, in ISL, 2000, 6, 327

[6] Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 aprile 2013, n. 8855

[7] Cass. Pen. Sentenza n. 38991 del 2010:

[8] aa) «formazione”: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi; bb) «informazione”: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro.

[9] Cass. Pen., Sez. IV, 26 maggio 2009-3 giugno 2009, n. 22822, Cass. Pen., Sez. IV, 24 settembre 2007-20 dicembre 2007, n. 47137, e Cass. Pen., Sez. IV, 16 novembre 2010-21 aprile 2011, n. 1600. Cass. Pen., Sez. IV, 17 giugno 2011-27 settembre 2011, n. 34854

Condividi questo articolo su:

Fiere ed eventi

S NewsLetter

Rimani sempre aggiornato sulle ultime novità della sicurezza.

Ho letto e compreso la vostra privacy policy.