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Guardie di sicurezza a rischio burnout?

Guardie di sicurezza a rischio burnout?

Guardie di sicurezza a rischio di burnout? è il titolo dell’approfondimento  a cura di Giulia Cavalli, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista e parte del Comitato Scientifico di S News, curatrice della rubrica Ben-Essere al lavoro. Particolarmente attuale ed interessante il tema affrontato nell’articolo che segue, che si può presentare in qualsiasi contesto lavorativo, come l’autrice stessa ben sottolinea.

Buona lettura, quindi!

la Redazione

GUARDIE DI SICUREZZA A RISCHIO DI BURNOUT?

La parola “burnout”, che letteralmente significa bruciarsi/esaurirsi, è ormai ampiamente conosciuta e usata ad indicare una particolare forma di risposta allo stress lavorativoIn passato era per lo più associata a professioni sanitarie e assistenziali, dove lo stress emotivo è evidente, ma oggi riconosciamo come la sindrome di burnout possa presentarsi in qualsiasi contesto lavorativo.

Come riconoscere il burnout?
I segnali sono molteplici e coinvolgono gli aspetti emotivi, cognitivi, fisici, comportamentali e motivazionali (n.d.r. si veda la sezione specifica qui sotto, I SEGNALI DI BURNOUT). Quello che possiamo osservare è che a livello lavorativo le prestazioni si fanno via via più scarse e aumenta l’insoddisfazione, l’apatia, il cinismo; l’impegno cala, aumentano i conflitti, le reazioni aggressive o il ritiro (assenze, malattie…), il malumore e l’indisponibilità ad aiutare i colleghi; la stima di sé si deteriora, portando ad un ampio malessere fisico e psicologico.

Gli studi ci mostrano come ci siano contesti lavorativi e situazioni personali che aumentano la probabilità di andare incontro al burnout. Per esempio, aumentano il rischio di burnout quei luoghi di lavoro in cui sono presenti eccessiva responsabilità, sovraccarichi lavorativi, retribuzioni non adeguate, valori lavorativi in contrasto con quelli personali, assenza di equità tra i lavoratori, ambienti poco accoglienti (per es. molto rumorosi o caldi), impossibilità di avere autonomia per svolgere al meglio il proprio lavoro, confusione organizzativa. Così come sono più esposti al burnout coloro che non hanno una rete di supporto sociale (famiglia, amici) e chi già soffre di bassa autostima, di ansia, di elevata ambizione, di impazienza, per fare solo alcuni esempi di caratteristiche di personalità associate a questa sindrome.

I SEGNALI DI BURNOUT

• LIVELLO EMOTIVO: irritabilità, tendenza a piangere, suscettibilità, esaurimento emotivo, ansia, riduzione di empatia, insoddisfazione
• LIVELLO COGNITIVO: perdita di interessi, senso di impotenza e di sentirsi in gabbia, senso di fallimento, scarsa autostima, senso di colpa, idee suicide, mancanza di concentrazione, percezione “fredda” degli utenti, cinismo, pessimismo e pensieri negativi verso gli utenti e i colleghi (mancanza di fiducia), etichettare gli altri negativamente
• LIVELLO FISICO: mal di testa, nausea, vertigini, dolore muscolare, problemi gastrointestinali, stanchezza cronica
• LIVELLO COMPORTAMENTALE: iperattività, impulsività, aumento di caffè, fumo, alcol, abbandono di attività ricreative, lamentele compulsive, rispondere in maniera “meccanica” agli utenti, conflitti o ritiro, aumento assenteismo e di incidenti
• LIVELLO MOTIVAZIONALE: perdita di impegno e di ideali, rassegnazione, delusione, noia, indifferenza verso gli utenti, difficoltà ad andare al lavoro

Non sono molte le ricerche che si sono occupate del burnout nell’ambito della sicurezza, ma è sicuramente un tema da affrontare, per alcune caratteristiche particolarmente stressanti, e a volte frustranti, dei contesti in cui lavorano molti operatori della sicurezza. Senza contare che a oggi, nell’emergenza Coronavirus, i livelli di responsabilità degli operatori della sicurezza (dal security manager alla guardia di sicurezza) sono aumentati enormemente (così come i rischi a cui vanno incontro), rendendo necessaria un’attenzione speciale e una tutela efficace del benessere psicofisico dei lavoratori.

Prendiamo l’esempio delle guardie. Si tratta di un lavoro che espone maggiormente a sfide, nelle quali è in gioco la sicurezza propria e altrui, a situazioni di aggressione o minaccia, da cui non si può fuggire perché si è responsabili di mantenere l’ordine nel luogo nel quale si sta lavorando. Gli studi evidenziano che all’aumentare delle violenze anche solo verbali, aumenta l’esaurimento emotivo delle guardie (in uno studio di Ardic e colleghi del 2018, coloro che erano esposti tre o più volte all’anno a violenze verbali e/o fisiche, avevano livelli di burnout più alti rispetto a chi ne era esposto di meno) e il conseguente peggioramento dei rapporti con le altre persone in ambito lavorativo.

Si è però anche visto che chi fa la guardia è in genere una persona che prova soddisfazione per ciò che sta facendo e ci tiene a essere efficace, sapendo che deve affrontare situazioni anche difficili con un atteggiamento positivo. La tendenza a concentrarsi sugli aspetti positivi, imparando dalle difficoltà e generando pensieri che favoriscono la situazione sono sicuramente risorse importanti di protezione dal burnout (Cruz, Suarez, 2017).

Una particolare attenzione va rivolta a coloro che da poco lavorano nell’ambito della sicurezza e a coloro che da molti anni vi lavorano: da un lato le aspettative non realistiche riferite al lavoro e dall’altro la scarsa esperienza nella gestione di situazioni emotivamente stressanti, possono “bruciare” i giovani, così come l’esposizione per molti anni a condizioni di lavoro stressanti, dal punto di vista fisico ed emotivo, possono portare i più anziani ad esaurirsi.

Si è osservato che la possibilità di fare turni potrebbe ridurre l’incidenza di burnout, perché in orari differenti si vivono situazioni differenti; tuttavia non tutti riescono fisicamente ad affrontare i turni, per cui è un elemento da valutare con attenzione.

Risultano efficaci le formazioni che aiutano a sviluppare adeguate strategie di coping di fronte a situazioni stressanti e il monitoraggio periodico del benessere psicofisico dei lavoratori.

Per esempio, poter osservare e lavorare sulle proprie aspettative lavorative (coincidono con la realtà? Possono essere flessibilmente modificate? Mi sento gratificato?), sul senso di capacità (mi sento utile e capace? O mi sento sfruttato e poco apprezzato? So riconoscere le mie competenze?), sul clima del gruppo (dove le competenze di tutti vengono valorizzate con equità, le informazioni circolano, si collabora…) aiuta a prevenire il burnout.

ALCUNI SEGNALI DI ESAURIMENTO EMOTIVO:

• Mi sento emotivamente sfinito dal mio lavoro
• Mi sento stanco quando mi alzo alla mattina e devo affrontare un’altra giornata di lavoro
• Mi sento esaurito dal mio lavoro

ALCUNI SEGNALI DI DEPERSONALIZZAZIONE (INSENSIBILITÀ, CINISMO):

• Mi pare di trattare le persone come se fossero degli oggetti e non mi importa veramente di ciò che succede loro
• Da quando ho cominciato a lavorare qui sono diventato più insensibile con la gente
• Ho paura che questo lavoro mi possa indurire emotivamente

di Giulia Cavalli, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista

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