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La crisi nel mondo del lavoro: volgere fatica e incertezza in successo

La crisi nel mondo del lavoro: volgere fatica e incertezza in successo

Tutti pensano di cambiare il mondo, ma nessuno pensa di cambiare se stesso.
(Lev Nikolayevich Tolstoy)

Ormai è da anni che sentiamo parlare di “crisi”: dei mercati, dei posti di lavoro, dell’identità stessa di chi lavora. Soggiornare dentro l’incertezza per lungo tempo può essere logorante: le istituzioni o aziende a cui apparteniamo, i sistemi di valori a cui facciamo riferimento, il nostro stesso vivere per come ce lo immaginavano e per come lo avevamo costruito sembra essere in pericoloso bilico, se non già caduto.

La parola “crisi” a livello etimologico (deriva dalla parola greca krísis) rimanda proprio a un’idea di separazione e scelta. Separazione da ciò che si pensava fosse solido e dai propri ruoli e schemi adottati fino a quel momento e scelta delle nuove strade da intraprendere e di una nuova definizione di se stessi. La crisi, quindi, impone delle trasformazioni. E’ chiaro che porta a conseguenze concrete nella quotidianità, ma il più profondo impatto della crisi e del suo metterci davanti alla necessità di modificare il nostro approccio alla vita è sulla nostra “centralina” di comando: la mente.

Solitamente le crisi si subiscono, cioè si affrontano come una medicina amara da mandare giù, una medicina che non si voleva prendere e che non si ritiene nemmeno benefica! La reazione automatica della mente è o l’irrigidimento (opponendosi, facendo il “bastian contrario”, brontolando sempre e su tutto, ostacolando…) o il dissolvimento (adeguandosi come api operaie al proprio gramo destino), senza di fatto costruire nulla di nuovo, prima di tutto in se stessi. Nel primo caso troviamo dietro l’angolo rabbia, ostilità verso tutto e tutti, a causa della sensazione di non essere capiti.

Nel secondo caso compaiono rassegnazione,” impotenza, impegno minimo per arrivare a fine giornata e “fare quel che si deve fare” perché qualsiasi azione e sforzo sembrano non portare a nulla.
Queste due reazioni appaiono inizialmente soluzioni per ritrovare l’identità che è stata messa in discussione dalla crisi, ma in realtà l’identità così è sempre più a rischio: ci si allontana da se stessi e si re-agisce, muovendosi in risposta a qualcosa o qualcuno e non a partire da se stessi, come protagonisti della propria vita.

Proprio per questo l’invito è, invece, a pensare alla crisi come a un momento costruttivo per se stessi: è la possibilità di trovare le proprie risorse, capire chi si è (al di là di ruoli e definizioni esterne), è un ridefinire se stessi, inclusa la propria professionalità. Anche in questo caso l’etimologia della parola “professione” può illuminarci sul suo significato profondo: è una parola che deriva dal latino (part. pass. di profit_ri) e significa “dichiarato apertamente”.
Allora la crisi, col suo imporsi, può essere vissuta come un rullo compressore che schiaccia oppure come un’opportunità per definirsi chiaramente e trovare il proprio posto nel mondo.
E’ chiaro che quest’operazione dev’essere innanzitutto fatta dentro di sé, nessuno dall’esterno – per quanto “guru” possa essere – ci può dire chi siamo.

Come trovare allora sicurezza nell’incertezza e mutevolezza della crisi? Innanzitutto accettiamo il fatto che il cambiamento appartiene all’essere umano: esiste la vita proprio perché esiste un processo di cambiamento continuo, che per definizione è incerto. In secondo luogo, la sicurezza può poggiare proprio sul fatto che sappiamo di essere in un processo di continua ricerca, di apprendimento su di sé e sul proprio stare nel mondo.

Ogni momento difficile è terreno fertile. Le tre regole d’oro del lavoro, diceva Albert Einsten (uno che, nella sua vita costellata di crisi, ha saputo davvero metterle in pratica e sappiamo bene con che risultati), sono: 1) esci dalla confusione, trova la semplicità; 2) dalla discordia trova armonia; 3) nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole. E’ proprio per questo terzo punto che possiamo ringraziare la crisi: appropriandoci del nostro affrontare la crisi, si può volgere la fatica in un successo prima di tutto personale e poi anche professionale.

di Giulia Cavalli

CHI E' GIULIA CAVALLI?

Psicologa psicoterapeuta, psicoanalista, ipnologa, docente universitaria, giornalista pubblicista e saggista, ha pubblicato numerosi libri e articoli scientifici e divulgativi e collabora con diverse realtà (tra cui Commissione Europea, Università Italiane, aziende, comuni, cooperative).
Presidente e fondatrice dell'Associazione Sephirah, dal 2013 attiva nel campo della formazione e della crescita personale. Partendo da una prospettiva ampia, che coniuga le più recenti conoscenze scientifiche occidentali e la millenaria sapienza orientale, si occupa di benessere psicofisico delle persone all'interno dei contesti di vita, di conciliazione lavoro-famiglia e sviluppo delle competenze personali.

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