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Passaggi generazionali

Passaggi generazionali

Arriva un momento, per ogni azienda piccola o grande che sia, nel quale le persone che l’hanno fondata o portata avanti per anni devono lasciare spazio alle nuove generazioni, sia per questioni di età sia anche per dare nuovi stimoli e visioni al lavoro.

È un passaggio delicato, a cui è bene dedicare cura e attenzione. Senza fretta.

Le aziende, per i proprietari e i dirigenti che le coltivano, sono come dei figli. Proprio come in una famiglia, non è immediato e facile lasciar andare i figli autonomamente, accettare il rischio e l’imprevedibilità che tutto questo comporta, mollare il controllo e fidarsi delle nuove generazioni.

Il rischio di non effettuare questo passaggio con cura è quello di irrigidire il sistema lavorativo e non dar tempo e spazio al nuovo di emergere. Questo spesso accade perché “i vecchi” ritengono di dover mantenere un controllo, per preoccupazione che le cose potrebbero non andar bene. L’intento è sicuramente buono, ma nei fatti tutto questo genera stagnazione, malcontento e persino malessere psicofisico in chi ci lavora.

Il rischio di effettuare il passaggio di consegne troppo rapidamente è, al contrario, ritrovarsi un nuovo piano dirigenziale poco solido, perché poco riconosciuto da chi lavora nell’azienda.

Prepararsi per tempo richiede un lavoro interiore non da poco: non è un semplice cambio di vertici, dove una persona vale l’altra, ma ci sono emozioni, aspirazioni, ricordi, visioni, rapporti affettivi che si intrecciano.

Ci sono alcuni sguardi che può essere utile coltivare in chi lascerà le redini aziendali e in chi le riceverà. Chi si sta preparando ad andarsene ha bisogno di elaborare un proprio futuro senza l’azienda, con la serenità di aver dato il meglio e di aver beneficiato a più livelli (affettivo, economico, mentale…) di quanto fatto. È bello poter guardare con gioia, fiducia e benevolenza a chi ci sostituirà, sapendo che l’azienda proseguirà in modo diverso, anche se alla base della stessa rimarrà sempre l’intenzione iniziale che l’ha animata e fatta vivere nel tempo.

È importante che chi proseguirà nel dirigere l’azienda possa portare nel cuore quanto è stato fatto dai suoi predecessori e, nello stesso tempo, si senta libero di poter agire in maniera rinnovata e originale. La chiarezza e il rispetto verso le origini dell’azienda che si guiderà costituiscono le basi solide per apportare il nuovo. Denigrare o escludere tutto ciò che è stato fatto prima, in nome di un rinnovamento totale, destabilizza il sistema lavorativo. A volte si pensa che tagliare le radici dia una sferzata di positività e abbondanza all’azienda: in realtà ne toglie le radici e, di conseguenza, anche la possibilità di avere successo nel futuro.

I nuovi subentrati dovranno sentirsi legittimati a prendere il loro posto da chi li precede e, contemporaneamente, dovranno autorizzare loro stessi a divenire capi di un’azienda che fino a poco tempo prima avevano visto e vissuto da una posizione differente.

Di nuovo vorrei fare un paragone con l’ambito famigliare: è come un figlio che diventa genitore. Diventando genitore non cessa di essere figlio, ma nello stesso diventa colui che accompagna una nuova vita e lo farà nella maniera unica che lo caratterizza, in continuità ma nello stesso tempo diversa da quella dei propri genitori.

Poter aver in mente questi livelli emotivi profondi insiti in ogni passaggio generazionale, porta con sé armonia e il nuovo fluirà naturalmente. Quando chi lavora nell’azienda prova benessere e l’azienda funziona, sapremo che è stato fatto il passaggio nella maniera corretta. Se non fosse così, c’è sempre tempo per rimediare e recuperare, rielaborare e sciogliere i legami emotivi che legano passato, presente e futuro.

Giulia Cavalli, psicologa psicoterapeuta, psicoanalista,
curatrice della rubrica Ben-Essere al lavoro,
è parte del Comitato Scientifico di S News
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